La casa dei matti (A. Konchalovsky, 2002)
La casa dei matti (Dom Durakov)
di Andrei Konchalovsky – Russia 2002
con Yulia Vysotskaya, Sultan Islamov
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Visto in divx.
I pazienti di un ospedale psichiatrico sul confine fra Inguscezia e Cecenia, abbandonati a sé stessi dopo che tutti gli infermieri sono fuggiti per paura della guerra (siamo nel 1996), vedono la propria quotidianità invasa dagli eventi bellici quando un gruppo di ribelli ceceni occupa il manicomio per usarlo come base. Fra i malati spicca Zhanna (Yulia Vysotskaya), una ragazza schizofrenica innamorata del cantante Bryan Adams (da cui immagina di essere ricambiata), che per scherzo viene chiesta in moglie da uno dei soldati, Ahmed (Sultan Islamov): è attraverso i suoi occhi – oltre che quelli dei suoi compagni – che osserviamo le follie della guerra e giungiamo a chiederci se siano più sani i matti o coloro che stanno fuori, impegnati a massacrarsi fra loro anche quando potrebbero essere amici (vedi l'incontro fra i due comandanti, quello russo e quello ceceno). Forse ispirato a "Tutti pazzi meno io" di Philippe De Broca, uno dei film più gradevoli e riusciti di Konchalovsky, le cui atmosfere attraversano un ampio ventaglio di toni e di situazioni: dal caotico e confusionario mondo dei malati di mente (che però, a modo loro, un ordine e un'organizzazione ce l'hanno, con ruoli ben definiti per ciascuno di essi) al surreale e onirico universo della protagonista (con le apparizioni a sorpresa di Bryan Adams nella sua immaginazione), dalla satira sulla guerra (di cui mostra sia il lato cruento che quello assurdo e grottesco: a tratti i soldati sembrano più "schizzati" dei matti) ad episodi di volta in volta felliniani e leggeri, di convivialità o di tragica drammaticità. Il tutto senza mai essere retorico, rischio principale per questo tipo di film (con l'elogio della follia e dell'escapismo o il messaggio antibellico a tutti i costi), e presentando alcuni momenti di regia, di fotografia e di scrittura assai elevati. In ogni caso, se i "malati di mente" non hanno una reale consapevolezza del mondo esterno (o ce l'hanno parecchio deformata), anche perché isolati in un vero e proprio microcosmo che lo riflette al proprio interno, gli orrori e le assurdità della guerra arrivano comunque a sfiorarli (e a cambiarli): alla fine, però, proprio il maniconio si rivelerà l'oasi perfetta per sfuggire alla pazzia fuori imperante. Nel cast anche Stanislav Varkki, Yevgeni Mironov, Elena Fomina e lo stesso Bryan Adams. Premio speciale della giuria al Festival di Venezia.
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