10 dicembre 2018

Il proiezionista (Andrei Konchalovsky, 1991)

Il proiezionista (The Inner Circle)
di Andrei Konchalovsky – Russia/Italia/USA 1991
con Tom Hulce, Lolita Davidovich
**1/2

Visto in divx.

Nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, Ivan Sanchin (Tom Hulce) diventa il proiezionista privato di Iosif Stalin al Kremlino, dove avrà l'occasione di conoscere da vicino tutti gli "eroi della rivoluzione" che tanto ammira e idolatra. Rimarrà a far parte di questa "cerchia ristretta" fino al 1953, anno della morte di Stalin, quando finalmente si renderà conto della reale portata di quel "culto della personalità" che ha caratterizzato il suo paese (lui stesso, in un misto di ingenuità politica e furore patriottico, fino a poco prima affermava di amare Stalin più della propria moglie). Ispirata alla storia vera di Aleksander Ganshin, ancora vivo all'epoca in cui il film fu girato, la pellicola intreccia le vicende personali con quelle storiche, portando sullo schermo tutta l'atmosfera di paranoia e di delazione, dove ogni scusa era buona per denunciare un vicino di casa, un collega o persino un ufficiale come traditore o "nemico del popolo" (esemplare la scena iniziale in cui i Gubelmann, vicini di casa di Sanchin e della moglie Anastasia, vengono arrestati solo perché ebrei: la loro figlioletta Kayja, rinchiusa in un orfanotrofio, diventerà la ragione di vivere di Anastasia, e più avanti l'ancora di salvezza dello stesso Ivan). L'ottima ricostruzione storica e l'intensa prova di Hulce reggono fino in fondo un film al quale si può perdonare un pizzico di melodramma di troppo (nelle scene con la bambina), e che ha il merito di offrire uno sguardo inedito, umano e intimista, sulla dittatura e gli uomini che l'hanno guidata. Aleksandr Zbruyev è Stalin, Bob Hoskins è Beria, il capo del KGB. Fra i film che Stalin e gli altri membri del governo si fanno proiettare in privato da Sanchin, oltre a cinegiornali e pellicole di propaganda, ci sono soprattutto musical e commedie occidentali (come "Il grande valzer" di Duvivier).

2 commenti:

Marisa ha detto...

Konchalovsky è un regista molto interessante, oscurato un pò dalla fama del grande fratello, ma degno di essere rivisto, anche per il suo sguardo disincantato sul regime e le sue conseguenze, come in questo film, che non si risolve mai in pura cronaca, ma ci offre pur sempre sprazzi poetici ed onirici.

Christian ha detto...

Sì, al grande pubblico è noto forse soltanto per "A trenta secondi dalla fine" e per l'hollywoodianata "Tango & Cash" (con Sylvester Stallone e Kurt Russell), ma in realtà di film interessanti ne ha fatti parecchi, come questo ma anche "La casa dei matti" e il recente "Paradise"...

(Per chi non lo sapesse, il fratello è Nikita Michalkov. Konchalovsky era il cognome della madre).