11 settembre 2012

Outrage (Takeshi Kitano, 2010)

Outrage (id.)
di Takeshi Kitano – Giappone 2010
con Takeshi Kitano, Kippei Shiina
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Visto in divx.

Dopo la parentesi della "trilogia artistica", Kitano torna ai film di yakuza con una pellicola che non devia di un millimetro da ciò che si propone di raccontare: sgarbi, vendette, tradimenti e rese dei conti fra famiglie mafiose nello scenario urbano giapponese (Beat Takeshi ha dichiarato di averlo realizzato per puro divertimento, e di aver scritto la sceneggiatura dopo aver immaginato in quali modi diversi far morire i vari personaggi). Se la regia è elegante, la recitazione rigorosa e il controllo sulla materia è serrato, il film complessivamente delude: freddo e monotono, e privo di quella poesia – anche astratta – che in passato aveva sempre fatto capolino nei film più violenti di Kitano ("Brother", "Sonatine"). Beat Takeshi è Otomo, al servizio della famiglia Ikemoto (a sua volta affiliata al clan Sanno), per la quale si occupa dei "lavori sporchi". Quando il subdolo presidente dei Sanno ordina a Ikemoto di rompere i legami con la famiglia Murase, alla quale era legata da un patto di fratellanza ma il cui territorio interessa per lo spaccio di droga, sono proprio gli uomini di Otomo a occuparsene. Episodio dopo episodio, ben presto fra i due gruppi scoppia la guerra: ma oltre che dai nemici, tutti devono guardarsi ancor più dagli amici, visto che tradimenti e complotti sono all'ordine del giorno. Senza offrire possibilità di scampo o redenzione, il film – il più "nero" mai realizzato da Kitano – si conclude anche senza lieto fine: ma Otomo tornerà in scena per vendicarsi nel successivo "Outrage Beyond". Personaggi senza onore (non esistono "buoni", solo "cattivi"), fra capi che tramano alle spalle dei loro sottoposti (e viceversa) e li mettono gli uni contro gli altri, poliziotti corrotti, uomini pronti a cambiare alleanza a seconda delle circostanze, gli yakuza ne escono spogliati di quelle caratteristiche "romantiche" che in passato avevano dato loro un certo fascino cinematografico: anche gli uffici sono bui, spogli e squallidi, e i mafiosi più "vecchio stile", come Otomo, si sentono dire cose tipo "Questa usanza di tagliarsi il mignolo è superata". A parte l'implausibile sottotrama del diplomatico africano (la cui ambasciata – quella di un paese immaginario, il "Gbana" – viene trasformata dai gangster in una bisca clandestina), il film non introduce mai elementi estranei al tema principale e non concede allo spettatore occasioni per rifiatare, infilandoci qua e là anche qualche scena estremamente cruenta. Anche per questo, forse, non decolla mai e fatica a emozionare. Tecnicamente eccelso, questo sì (la regia fredda ed elegante si traduce anche in una fotografia che predilige i toni di blu). Ma che nostalgia per il Kitano degli anni 90... Visto il successo di pubblico (è stato il suo secondo miglior film al botteghino, dopo "Zatoichi") ma essendo rimasto in parte insoddisfatto del risultato e volendo dunque fare di meglio, due anni dopo Kitano ha deciso di realizzare per la prima volta un sequel: "Outrage beyond".

2 commenti:

vincentsan ha detto...

impossibile non pensare ai suoi primi film di yakuza, li richiama tantissimo. Poco "potente", ma tanto per rivederlo all'opera mi sono accontentato.

Christian ha detto...

Sì, li richiama, ma manca qualcosa: la poesia e l'umanità che permeava ancora "Sonatine". Comunque Kitano ha dichiarato di aver realizzato "Outrage" solo per divertirsi (e divertire), mettendo in scena tutta una serie di omicidi e rese di conti efferate e violente. Anch'io l'ho visto con piacere perché comunque ormai sono assuefatto al suo stile, ma non è certo all'altezza dei capolavori del passato.