6 settembre 2012

Zatoichi (Takeshi Kitano, 2003)

Zatoichi (id.)
di Takeshi Kitano – Giappone 2003
con Takeshi Kitano, Tadanobu Asano
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Rivisto in DVD, con Sabrina.

Zatoichi, all’apparenza un massaggiatore cieco ma in realtà un provetto e letale spadaccino che agisce come giustiziere nel Giappone feudale, è un personaggio ideato dal romanziere Kan Shimozawa, protagonista di numerosissimi film e sceneggiati televisivi a partire dagli anni sessanta. La serie interpretata da Shintaro Katsu, in particolare, conta ben 26 pellicole (realizzate fra il 1962 e il 1973, più un ultimo episodio nel 1989) e ha radicato indelebilmente il personaggio nell’immaginario collettivo nipponico. Quando Kitano ha annunciato di volerlo riportare sugli schermi in una versione da lui stesso interpretata, non sono mancate sorprese e perplessità: si tratta infatti del primo film del regista ambientato nel passato (e appartenente, nello specifico, al genere chambara, il cinema di spade e samurai), anche se nelle sue precedenti dieci pellicole non mancavano occasionali scene in costume o elementi della cultura “tradizionale” (basti pensare ai burattini di “Dolls” o ai comici riferimenti allo stesso Zatoichi già presenti in “Getting any?” e “L’estate di Kikujiro”). Per di più ci si chiedeva come Beat Takeshi avrebbe approcciato il personaggio: con il dovuto rispetto o con la consueta irriverenza? La risposta non poteva essere che: con tutti e due. Il film – che, per la cronaca, è stato il più grande successo di Kitano al box office in Giappone (cosa che verrà ironicamente sottolineata nel successivo “Glory to the filmmaker!”) – è assai curato nel ricostruire l’ambientazione, le scenografie e i costumi dell’epoca Edo (ci sono persino riferimenti a “La sfida del samurai” di Kurosawa), ma non rinuncia a inserire – a margine della trama principale – scene, personaggi o situazioni comiche, surreali o grottesche. La vicenda non si discosta da quelle delle classiche storie del personaggio, e vede Zatoichi impegnato a sgominare una banda di yakuza che spadroneggia in un povero villaggio di montagna, anche per aiutare due ragazzi (una sorella e un fratello, con quest’ultimo che si veste da donna) a ottenere la loro vendetta sui malviventi che dieci anni prima avevano sterminato la loro famiglia. Dovrà però vedersela con un avversario formidabile, un ronin (interpretato da Tadanobu Asano) che ha venduto al capo della banda i propri servigi come “guardia del corpo” (yojimbo) per guadagnare il denaro necessario a curare la moglie malata.

Registicamente, oltre alla consueta maestria nei movimenti di camera (che qui vanno spesso a ritmo di musica), è da sottolineare l’utilizzo diffuso di flashback che spesso partono all’improvviso, spiazzando un po’ lo spettatore, per ricostruire il passato dei personaggi. Le scene d’azione e gli scontri con la spada sono coreografati in maniera eccellente ed essenziale, e resi spettacolari dalla rapidità dei movimenti e dall’uso – moderato ma comunque sempre in evidenza – di effetti digitali che aggiungono schizzi di sangue come se si trattasse di un videogioco. I momenti comici sono forniti, oltre che occasionalmente dallo stesso Kitano (indimenticabile lo sberleffo finale, che ironizza sulla reale portata della cecità del personaggio) e da brevi scenette con personaggi minori, soprattutto da Shinkichi, inetto nipote di una delle contadine che l’eroe ha deciso di proteggere, appassionato giocatore d’azzardo che tenta invano di replicare le gesta di Zatoichi (interpretato da un comico dall’improbabile nome di Guadalcanal Taka). Per discostarsi maggiormente dai personaggi dei lavori precedenti, Beat Takeshi ha scelto di tingersi i capelli e di presentarsi così con un “nuovo look” alquanto straniante. Ma non è l’unico elemento di rottura con il passato: dal cast sono assenti gran parte dei consueti attori del “clan Kitano” (Susumu Terajima, Ren Osugi, ecc.) e compaiono invece molti volti nuovi (Michiyo Okusu, Yui Natsukawa, Yuko Daike, l’onnagata Daigoro Tachibana). Inoltre, dopo sette film in cui il suo contributo era stato fondamentale, si rompe il sodalizio con il compositore Joe Hisaishi (di suo rimane solo il jingle che accompagna il logo “Office Kitano” all’inizio della pellicola): la colonna sonora, ricca di percussioni e di sonorità che la regia occasionalmente sottolinea (per esempio quando vediamo i contadini zappare a ritmo di musica, ballare sotto la pioggia o martellare mentre costruiscono una casa), è di Keiichi Suzuki. Il film si conclude con un’elaborata danza dei contadini che si trasforma in un’enorme tip-tap cui prendono parte tutti i personaggi (comprese le versioni infantili dei due ragazzi vendicati), in un’esplosione di energia e di gioia. Contagiato dalla passione per il tip-tap, negli anni successivi Kitano si esibirà personalmente in tv in questo tipo di danza e vi farà riferimento nel successivo “Takeshis’”. Visto il successo della pellicola (premiata anche a Venezia con il Leone d’Argento per la miglior regia), i produttori avevano pensato a realizzare un seguito e a dare così l’avvio a una nuova franchise: ma non se n’è fatto nulla, e così il primo sequel ufficiale di un film di Kitano è arrivato solo quest’anno, con “Outrage Beyond”.

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