Paradise: Faith (Ulrich Seidl, 2012)
Paradise: Faith (Paradies: Glaube)
di Ulrich Seidl – Austria 2012
con Maria Hofstätter, Nabil Saleh
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Visto al cinema Anteo, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).
Secondo episodio della trilogia “Paradise” di Ulrich Seidl, dedicata alle insolite vacanze dei membri di una famiglia austriaca: dopo il capitolo sull’amore (“Paradise: Love”), che era incentrato sul turismo sessuale, ecco quello sulla fede, che parla invece del fanatismo e del proselitismo religioso. La protagonista è Anna Maria, sorella della precedente Teresa. Fervida credente, approfitta del tempo concessole per le ferie (è un medico che lavora in un centro diagnostico) per girare di casa in casa nelle desolate periferie di Vienna, portando con sé una statua della Madonna, nel tentativo di convertire stranieri e protestanti al cattolicesimo. Frequenta inoltre un gruppo di preghiera (“Siamo le truppe d’assalto della chiesa!”) e, in privato, giunge addirittura a fustigarsi per espiare i propri e gli altrui peccati. Ma anche la devota Anna ha un segreto, una sorta di scheletro nell’armadio: prima di trovare la fede ha infatti sposato un musulmano, Nabil, paralizzato e costretto a stare sulla sedia a rotelle in seguito a un incidente. La presenza di Nabil in casa, ora che Gesù è tutta la sua vita (sostituendo di fatto il marito), diventa per lei un tormento e una prova forse troppo difficile da superare. Se da un lato il fanatismo religioso di Anna è comunque sempre vissuto in maniera sincera, all’insegna della coerenza e non dell’ipocrisia (tanto che non si può non provare per lei una certa compassione: esilaranti o tragiche – a seconda dei casi – le sequenze in cui visita le case dei personaggi più vari e improbabili, dalla coppia di divorziati che “convivono nel peccato” agli immigrati che non capiscono che cosa lei voglia da loro, dalla giovane prostituta russa dedita all’alcolismo al grassone trasandato che vive nel disordine), dall’altro la pellicola mostra come in nome di quello stesso fanatismo si possa passare da un estremo all’altro: affidarsi completamente a Dio e vivere solo in funzione della fede può condurre senza troppe difficoltà dal dichiarare “Ti amo” al Cristo, quando tutto va bene, al dirgli “Ti odio”, quando le difficoltà si fanno insormontabili. Lo stile sobrio di Seidl si esprime anche attraverso le scenografie (come la casa di Anna, spoglia e decorata da crocifissi in ogni stanza). Non mancano alcune scene shock, come quella in cui la protagonista si masturba sotto le coperte con un crocifisso, o quella in cui assiste a un’orgia notturna in un parco pubblico. Il regista ha dichiarato di non voler mandare nessun messaggio, ma solo di far riflettere lo spettatore: ed è proprio quello che il film – interessante come il precedente e vincitore del premio speciale della giuria a Venezia – riesce a fare. Restiamo ora in attesa del terzo capitolo della trilogia, che sarà dedicato alla speranza (“Paradise: Hope”) e sarà incentrato sui campi per dimagrire.
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