18 marzo 2010

Le sorelle di Gion (K. Mizoguchi, 1936)

Le sorelle di Gion (Gion no shimai)
di Kenji Mizoguchi – Giappone 1936
con Isuzu Yamada, Yoko Umemura
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Rivisto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.

Umekichi e Omocha sono due sorelle che lavorano come geishe di basso livello nel distretto di Gion, il quartiere dei piaceri di Kyoto. Pur condividendo la stessa professione, hanno modi assai diversi di rapportarsi con gli uomini: la maggiore, Umekichi, è una geisha tradizionale e prova forti sentimenti di lealtà nei confronti dei suoi clienti, al punto da sentirsi in obbligo di accogliere in casa propria – nonostante le difficoltà economiche – il suo vecchio "patrono", Furusawa, che un tempo era un ricco commerciante e ora è caduto in disgrazia. La minore, Omocha, disprezza invece gli uomini e il modo in cui essi le trattano, ovvero come semplici oggetti di piacere. Perciò decide di ingannarli a sua volta: complotta per costringere Furusawa ad andarsene, lasciandogli credere che Umekichi non lo desideri più in casa e che stia cercando un nuovo protettore, mentre lei stessa si prende gioco dell'amore del giovane Kimura, commesso in una fabbrica di kimono, facendo di tutto per sedurre invece Kudo, l'anziano e ricco proprietario del negozio. Ma il suo comportamento manipolatore e lo sprezzo dei sentimenti altrui finirà per scatenare la vendetta di Kimura, mentre anche la sorella Umekichi rimarrà da sola quando Furusawa – richiamato dalla moglie – non ci penserà un attimo ad abbandonarla. Nonostante le loro differenze, nel finale le sorelle si ritroveranno dunque di nuovo insieme, sole e umiliate. Qualsiasi cosa le donne facciano, è l'amara conclusione di Omocha, sono destinate a soffrire e ad essere sfruttate dagli uomini. E mentre Umekichi si vanta di avere almeno reso Furusawa felice, e per questo di poter andare in giro a testa alta, la pellicola si conclude con il commovente pianto di Omocha, che grida tutta la sua rabbia contro l'esistenza stessa delle geishe. Come nel precedente "Elegia di Osaka", anche la seconda collaborazione fra Mizoguchi e lo sceneggiatore Yoshikata Yoda affronta dunque in chiave realista e contemporanea il tema della donna vittima del potere e della sopraffazione in una società patriarcale e mercantile. La novità è però costituita dal presentare due diverse protagoniste, portatrici di due differenti filosofie femminili: una più tradizionale, amorevole e all'insegna del disinteresse, l'altra più emancipata, cinica ed egocentrica, ma comunque destinata alla sconfitta. Siamo quasi di fronte a uno sdoppiamento della classica eroina mizoguchiana nelle sue due anime fondamentali: la donna che si sacrifica per l'uomo (non ricevendo nulla in cambio) e quella che si ribella alla società (tentando un impossibile rovesciamento dei ruoli). Stilisticamente è interessante l'incipit, con una lunga carrellata laterale attraverso gli ambienti della casa di Furusawa, dove è in corso una vendita all'incanto di tutti i suoi mobili. Inoltre sono assai numerosi i piani sequenza: Mizoguchi ricorre raramente agli stacchi e preferisce una sorta di "montaggio interno", collocando i suoi personaggi in una stanza e lasciandoli spostare e interagire fra loro a seconda delle posizioni e dei movimenti (esemplare, a questo proposito, la scena in cui Kudo fa visita per la prima volta a Omocha).

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