26 marzo 2010

Estate romana (M. Garrone, 2000)

Estate romana
di Matteo Garrone – Italia 2000
con Rossella Or, Salvatore Sansone, Monica Nappo
***

Visto in DVD, con Martin.

Per la prima volta alla prese con un lungometraggio di durata convenzionale, Garrone mette momentaneamente da parte il mondo degli immigrati (ma non quello dei personaggi disagiati e ai margini della società) e racconta la storia di tre "anime perdute" e alla deriva in una Roma torrida, nervosa e inospitale. La fragile e stralunata Rossella, vittima di suggestioni new age, torna in città dopo un'assenza di diversi anni con l'intenzione di riallacciare vecchie amicizie, instaurare nuovi rapporti sentimentali e mettere ordine nella propria vita disastrata. Ma si rivelerà patetica e inadeguata, collezionerà soltanto rifiuti e umiliazioni e non riuscirà nemmeno a tornare alla sua passione precedente, il teatro. Nella sua casa ora abita Salvatore, un artista immaturo che si illude di guadagnare qualche soldo realizzando scenografie per uno spettacolo teatrale con l'aiuto della sua assistente Monica, di cui è silenziosamente e inutilmente innamorato. Quest'ultima, separata e con una bambina a carico, sembra più attiva ma è altrettanto sola: lavora di notte presso un chiosco-bar alla periferia della città e cerca a sua volta nuovi affetti. Nella prima parte il film fatica un po' a ingranare, forse per la narrazione frammentata o per l'inconcludenza degli stessi personaggi, schegge impazzite e prive di direzione; la sezione centrale, quella in cui i tre si recano al mare portando con sé il gigantesco mappamondo di cartapesta realizzato da Salvatore e Monica, è all'insegna dell'assurdo e della commedia esistenzialista (ricompare anche Corrado, il fotografo già visto nel precedente "Ospiti"); il finale, ammantato di tragicità, compatta infine la pellicola sui suoi temi fondamentali. Bravi e convincenti, come sempre nei film di Garrone, gli interpreti (molti dei quali provengono dall'ambiente del teatro d'avanguardia e underground degli anni settanta; e tutti hanno gli stessi nomi dei loro personaggi). Pur spingendosi ai confini della commedia drammatica (ci sono persino alcuni passaggi morettiani – d'altronde coproduce la Sacherfilm – come la scena in cui un uomo tenta inutilmente di fare colpo su una ragazza al bar: quando questa si alza per andarsene, al suo "Te ne vai? Pensavo di averti colpito..." lei risponde "Sì, infatti... In maniera molto negativa..."), la pellicola mantiene quel tono documentaristico che aveva caratterizzato i precedenti lavori del regista, attento soprattutto a descrivere un ambiente. La macchina da presa segue da vicino i personaggi, senza però diventare protagonista a sua volta, e non distoglie mai lo sguardo dalla realtà e dal malessere che li circonda (il dibattito politico, i discorsi del regista teatrale, l'invasione dei commercianti cinesi, i problemi familiari di Monica).

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi fa molto piacere che tu abbia recuperato i primi film di Garrone, ritengo siano imprescindibili per aprire gli occhi sul suo cinema.
A mio avviso ESTATE ROMANA è, insieme a GOMORRA, la più compiuta espressione del cinema di Garrone. Pur differendo enormemente dal punto di vista produttivo, i due film raggiungono lo stesso grado di orizzontalità immersiva dello sguardo. Tuttavia l'intelaiatura narrativa vive più di stropicciature e strappi che di linearità e progressione drammatica. E paradossalmente è la sospensione del giudizio (della presa di posizione morale) a rendere così aspro e mordente lo sguardo apparentemente svagato del Garrone di ESTATE ROMANA e di GOMORRA.
Un caro saluto,
Ale

Christian ha detto...

Ciao Ale! Hai ragione nel definire "imprescindibilie" questo film (e in generale le sue prime opere) se si vuole comprendere meglio l'opera di Garrone e capire che "Gomorra" non era un instant-movie piovuto dal nulla ma un passaggio naturale. Non voglio fare paragoni arditi, ma "Estate romana" mi è sembrato quasi, decenni dopo Antonioni, un nuovo modo intelligente "all'italiana" per descrivere quel malessere esistenziale che altrove si vede, per esempio, in Tsai Ming-Liang (il cui cinema condivide le altre caratteristiche che hai citato: il procedere "a strappi" e non linearmente, e la sospensione del giudizio morale). Naturalmente il tutto ben collocato in un contesto territoriale e in un ambiente circostante specifico, che ne detta in parte le regole e il linguaggio.

Martin ha detto...

Aggiungo anche che averlo visto dopo i primi due film "introduttivi" (Terra di Mezzo e Ospiti) ha moltiplicato l'effetto. Ed è l'ennesima conferma che condensare in pochi giorni tre opere dello stesso regista è fondamentale nel capirne i rimandi e le suggestioni.
Se i meriti per la mia "scoperta" del grandissimo Tsai sono tutti tuoi, prendo per me l'idea del recupero di questi primi Garrone, malgrado Gomorra fosse piaciuto più a te che a me.
Ma ripensandoci ora mi fa un effetto tutto diverso...

gparker ha detto...

Straordinario. C'è un senso di indeterminatezza in quella roma estiva dai palazzi impacchettati dai lavori per il Giubileo che è pura meraviglia.

Christian ha detto...

Sì, molto bella l'ambientazione (che non a caso è preponderante sin dal titolo). E i palazzi impacchettati hanno colpito anche me.