16 marzo 2010

Galaxy Quest (Dean Parisot, 1999)

Galaxy Quest (id.)
di Dean Parisot – USA 1999
con Tim Allen, Alan Rickman, Sigourney Weaver
***1/2

Rivisto in DVD, con Giovanni e Rachele.

Un gruppo di attori televisivi in declino, celebri per aver interpretato decenni prima il telefilm fantascientifico a basso budget "Galaxy Quest", sbarca ora il lunario grazie ad apparizioni come ospiti d'onore alle convention dei fan della serie o lavoretti di quart'ordine come testimonial pubblicitari. Ma i thermiani, autentici extraterrestri che hanno captato le trasmissioni televisive e che – non conoscendo il concetto di finzione – hanno creduto che si trattasse di "documenti storici", giungono sulla Terra per chiedere il loro aiuto nella lotta contro un crudele tiranno galattico. Catapultati nello spazio a bordo di un'astronave identica in tutto e per tutto a quella in cui erano abituati a recitare (gli alieni l'hanno ricostruita perfettamente, basandosi sulle puntate del telefilm!), dovranno dimostrare di essere all'altezza dei ruoli che li hanno resi famosi. Non credo di sbagliare dicendo che "Galaxy Quest" è probabilmente il miglior film di "Star Trek" mai girato! Anche se ufficialmente la pellicola non è legata alla franchise creata da Gene Roddenberry, ne è contemporaneamente una satira e un affettuoso omaggio che parodizza non solo la serie televisiva (guardando con tenerezza a tutte le sue ingenuità) ma anche e soprattutto il fandom che le gira attorno, un fenomeno che negli Stati Uniti ha ormai assunto proporzioni inimmaginabili: "Star Trek", per i moltissimi appassionati che affollano le convention, è quasi una religione, e i suoi adepti (i "trekkies", che nel film diventano i "questoidi") prendono maledettamente sul serio ogni dettaglio dello show. Il film di Parisot, comunque, non si limita a farsene gioco ma ne esalta anche lo spirito e la passione, trasformandoli in eroi che contribuiscono a salvare la situazione grazie alla conoscenza enciclopedica di tutti i dettagli tecnici e fittizi dell'universo trekkiano.

Pur godibile per proprio conto (regia ed effetti speciali sono solidi e funzionali, gli attori sono autoironici e davvero in parte, la sceneggiatura non lascia un attimo di respiro), il divertimento è maggiore se ci si rende conto che ogni elemento di "Galaxy Quest" può essere ricondotto a uno di "Star Trek", a partire dai personaggi/attori. Jason Nesmith (il comandante Taggart, interpretato da un Tim Allen vanesio e impulsivo) è ovviamente William Shatner, ovvero il capitano Kirk; Alexander Dane (il dottor Lazarus, l'ufficiale scientifico extraterrestre interpretato da uno straordinario Alan Rickman) è Leonard Nimoy, e dunque il signor Spock; Gwen De Marco (il tenente Madison, l'addetta alle comunicazioni il cui unico compito è ripetere pari pari quello che dice il computer), impersonata da una Sigourney Weaver in grande forma fisica e lontana anni luce dal ruolo fantascientifico che l'aveva resa famosa (la Ripley di "Alien", tanto dura e mascolina quando Madison è una bambola bionda), è l'alter ego di Nichelle Nichols, il tenente Uhura; il flemmatico Tony Shalhoub/Fred Kwan, il tecnico Chen, ricorda naturalmente Scotty, il capo ingegnere dalle mille risorse; il giovane Daryl Mitchell, alias Tommy Webber/tenente Laredo, il pilota della nave, rappresenta lo stereotipo del ragazzino come il Wesley Crusher di "Next Generation"; Sam Rockwell/Guy, infine, è la comparsa che interpreta il membro dell'equipaggio che muore nei minuti iniziali di ogni episodio per mostrare agli spettatori quanto sia pericolosa la situazione: nel gergo di "Star Trek" queste vittime sacrificali sono chiamate "redshirt", in quanto indossavano sempre una tutina rossa (a differenza di quelle gialle o blu sfoggiate dai personaggi principali come Kirk o Spock). Ma anche l'astronave (la NSEA Protector, che rimanda sin dal nome alla USS Enterprise), con la sua struttura (il ponte di comando, la sala macchine, il teletrasporto), la tecnologia (i comunicatori, la fonte di energia con la sfera di berillio al posto dei cristalli di dilitio, i meccanismi di autodistruzione che si fermano solo quando manca un secondo, ma anche gli assurdi cunicoli – come quello con i pistoni – che sembrano esistere solo per esigenze degli sceneggiatori della serie tv ma che naturalmente gli alieni hanno riprodotto pari pari senza nemmeno chiedersi il perché), l'ambientazione (la superficie del pianeta sul quale sbarcano i nostri eroi, con tanto di mostro da combattere da parte di Taggart, che rimane a petto nudo come capitava sempre anche a Kirk) e in generale il mood della serie (lo stile di recitazione, le scenografie "povere", il tema musicale) ricordano talmente "Star Trek" da far sorgere il dubbio che la sceneggiatura fosse stata scritta con l'intenzione di scritturare davvero Shatner & co., e che solo in un secondo momento – magari per obiezioni dei produttori, o per il timore di scatenare l'ira dei fan – si sia ripiegato su personaggi fittizi. Una situazione, per intenderci, paragonabile a quella del "Watchmen" di Alan Moore, che inizialmente avrebbe dovuto essere una storia sui vecchi personaggi della Charlton e solo in un secondo tempo si è trasformata in un'opera sugli archetipi supereroistici universali. Oltre alle battute, alle strizzatine d'occhio e alle numerose occasioni di divertimento, non mancano momenti toccanti come quando Alexander, tenendo fra le braccia l'alieno morente che aveva sempre idolatrato il suo personaggio, recita con grande intensità e commozione la frase che lui – da consumato attore scespiriano – aveva sempre odiato e reputato stupida: "Per il martello di Grabthar!".

5 commenti:

marco c. ha detto...

AHAHAHAHA!!!! L'HO VISTO QUESTO!!! di solito non guardo 'sta roba ma devo dire che mi è piaciuto.

Christian ha detto...

È un'ottima parodia, che dimostra amore e rispetto per quello che sta dileggiando! E poi gli attori sono davvero in gran forma (adoro soprattutto Alan Rickman e la Weaver).

Luciano ha detto...

Ah! Bellissimo e divertente. L'ho visto molti anni fa. La tua recensione mi sprona a rivederlo.

Christian ha detto...

Immaginavo che a un fan di "Star Trek" come te sarebbe piaciuto!

Anonimo ha detto...

Nel suo genere è un capolavoro inarrivabile. Da non perdere!