Life of an american fireman (Edwin S. Porter, 1903)
La vita di un pompiere americano (Life of an american fireman)
di Edwin S. Porter – USA 1903
con Arthur White, Vivian Vaughan
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Visto su YouTube.
Prima ancora di David W. Griffith (che inizierà a fare film soltanto nel 1908), Edwin S. Porter è stato uno dei registi americani più importanti nei primissimi anni della settima arte. Ma andiamo con ordine: rimasto spiazzato dalla novità e dalla praticità del cinématographe dei fratelli Lumière, nel 1896 Thomas Edison aveva rapidamente mandato in soffitta il proprio kinetoscopio (che consentiva, ricordiamo, la visione a un solo spettatore per volta) per gettarsi su un progetto molto simile a quello dei francesi, il Vitascope, di cui aveva acquistato il brevetto (ne ho parlato qui). Avendo bisogno di nuovo personale, in particolare di tecnici, operatori e proiezionisti, James H. White (che aveva sostituito William Heise come capo della produzione di Edison) decise di assumere Porter, un elettrotecnico che fino ad allora aveva lavorato per la “concorrenza” (come proiezionista itinerante per il Projectorscope, una sorta di kinetoscopio con proiettore, che per un paio d'anni aveva portato in giro per il mondo – le Americhe e i Caraibi – a scopo dimostrativo, talvolta presentandosi con il falso nome di Thomas Edison Junior!). Edison affidò presto a Porter l'incarico di girare e produrre nuovi film insieme a White. Come già con Ferdinand Zecca e Segundo de Chomón in Francia, dunque, siamo di fronte a un nuovo tipo di cineasta, che lavora inserito in un team e all'interno di una vera e propria industria (a differenza degli “artigiani” indipendenti come Georges Méliès), ovvero alla nascita del moderno sistema di produzione cinematografica collaborativa. Si tratta di registi, fra l'altro, che non devono inventare tutto da zero, ma che possono rifarsi ai trucchi, alle idee e alle tecniche già messe a punto da chi li ha preceduti (Porter, in particolare, sarà molto debitore agli autori inglesi come James Williamson e Frank Mottershaw). Ciò non toglie che, a loro volta, saranno in grado di sviluppare interessanti soluzioni.
Nel caso di Porter si tratta soprattutto dell'uso della continuity e del montaggio in funzione narrativa (come sarà evidente nel suo film più famoso, “La grande rapina al treno”). Un primo esempio è fornito da questo “Vita di un pompiere americano”, girato a fine 1902 ma distribuito da Edison all'inizio del 1903. Evidentemente ispirato al “Fire!” di James Williamson (1901), di cui è un vero e proprio remake, mostra un gruppo di vigili del fuoco che accorrono sul luogo di un incendio, entrando nell'edificio e portando in salvo una donna e il suo bambino (personaggi che appaiono già nella scena iniziale, in un curioso sogno/visione attraverso un mascherino circolare che ricorda quelli usati da George Albert Smith in “Santa Claus” e da Ferdinand Zecca in “Histoire d'un crime”). Per diversi anni, a dire il vero, è circolata una copia del film che nella scena finale fa ampio uso del montaggio alternato, mostrando cioè alternativamente l'interno e l'esterno dell'edificio: per esempio vediamo il pompiere arrampicarsi sulla scala a pioli, entrare nella stanza a prendere il bambino, e poi portarlo fuori scendendo lungo la parete. Questa è in realtà una versione rieditata successivamente (forse addirittura negli anni trenta): l'originale era assai meno innovativo, e mostrava dapprima tutta l'azione all'interno della stanza, per poi ripeterla da capo vista dall'esterno, una tecnica allora necessaria per far comprendere meglio agli spettatori, non ancora avvezzi alla sofisticazione del linguaggio cinematografico, ciò che stavano guardando.
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