7 ottobre 2018

I bambini del cielo (Majid Majidi, 1997)

I bambini del cielo, aka I ragazzi del paradiso (Bacheha-ye aseman)
di Majid Majidi – Iran 1997
con Amir Farrokh Hashemian, Bahare Seddiqi
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Visto in divx alla Fogona, con Marisa, in originale con sottotitoli.

Dopo che Alì ha perso le scarpe della sorellina Zahra, che aveva portato dal ciabattino a far riparare, i due bambini decidono di fare a turno nell'indossare le consunte scarpe da ginnastica del ragazzo, anche se questo comporta continui problemi (come l'arrivare tardi a scuola). Essendo di famiglia povera, i due bambini non possono chiedere al padre (Reza Naji) di comprar loro delle nuove scarpe, e perciò cercano di arrangiarsi per proprio conto. A un certo punto Alì si iscrive alla gara di corsa della scuola, che assegnerà in premio al terzo classificato proprio un nuovo paio di scarpe da ginnastica: ma arrivare terzo non è così facile... Di evidente ispirazione kiarostamiana (ricorda diverse pellicole dei suoi esordi, come "Il viaggiatore", ma anche i primi film di Panahi, come "Il palloncino bianco": e come quelli è stato girato in gran parte in segreto per le strade della città, in modo da catturarne un'immagine più realistica possibile), ma con un'espressività e una vitalità propria, il film ha scomodato ad alcuni critici persino un paragone con il neorealismo italiano, in particolare con "Ladri di biciclette" per la scena in cui Ali va con il padre nei quartieri alti in cerca di lavoro come giardiniere (una scena in cui si mettono a confronto due zone di Teheran e due mondi completamente diversi: quello dei quartieri vecchi, poveri e fuori dal tempo, e quello delle moderne e lussuose ville dei benestanti). Certo, il lieto fine, la semplicità e la purezza del racconto lo fanno sembrare quasi una fiaba, così come la ricchezza dei colori, le bellezza delle immagini e la calda empatia dei personaggi. Eccellenti, come spesso accade nel cinema iraniano, i piccoli protagonisti (Ali ha 8 anni, la sorellina Zahra 6), nonché le dinamiche interne del loro mondo e i rapporti con gli adulti (genitori, insegnanti). È stata la prima pellicola iraniana in assoluto a essere nominata per l'Oscar come miglior film straniero.

4 commenti:

Claudio Z. ha detto...

...E l'unica arrivata nella cinquina e tornata a mani vuote.
A me non piace molto, mi sembra il classico film iraniano manierista della sua epoca. Lo stesso regista, che fa un cinema di buoni sentimenti che piace molto alle istituzioni, ha firmati diversi film più personali e toccanti di questo

Christian ha detto...

Sì, un po' manierista lo è, al punto da sembrare a tratti quasi una copia di certe pellicole di Kiarostami. Però a me è piaciuto, per la tenerezza dei bambini e anche per come si evolve la storia (vedi la scena in cui il bambino va con il padre a lavorare nei quartieri alti, mostrando nello stesso film due zone di Teheran che di solito non si vedono mai contemporaneamente, e tutto sommato anche la gara di corsa nel finale).

Marisa ha detto...

E' sempre sorprendente vedere come certi registi riescano a far lavorare così bene i bambini.
Come non amarli?

Christian ha detto...

Nei film iraniani capita spesso!