20 settembre 2018

A land imagined (Yeo Siew Hua, 2018)

A land imagined
di Yeo Siew Hua – Singapore/Fra/Ola 2018
con Peter Yu, Liu Xiaoyi, Luna Kwok
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Visto al cinema Colosseo, con Marisa e Daniela, in originale con sottotitoli (rassegna di Locarno).

A Singapore, in un cantiere di land reclamation ("terra sottratta al mare", ovvero un sito dove viene creata nuova terraferma attraverso l'importazione di sabbia), un poliziotto (Peter Yu) indaga sulla misteriosa scomparsa di un operaio di origine cinese (Liu Xiaoyi). I due uomini sono in qualche modo collegati, e non solo perché entrambi soffrono di insonnia. Forse sono l'uno il prodotto dell'immaginazione dell'altro, visto che si sognano a vicenda (con sfasamento temporale). E la pellicola, che mostra in parallelo le indagini dell'agente e gli eventi dell'ultima settimana dell'operaio, catapulta lo spettatore in un'atmosfera onirica e irreale. Siamo in un "mondo di mezzo", né terra né mare, dove il suolo è artificiale e coloro che ci lavorano (migranti dalla Cina, dal Bangladesh e di altri paesi poveri del sud-est asiatico) sono come fantasmi, privi di ogni diritto (i loro passaporti vengono "trattenuti" dai datori di lavoro, che li sfruttano sottopagandoli) e destinati, da un momento all'altro, a scomparire. Sono persone virtuali, come i personaggi di un videogioco o gli avatar delle chat in internet: non a caso sia Wang, l'operaio, che Lok, il poliziotto, finiscono con il trascorrere ripetutamente le loro notti nella saletta internet vicino al dormitorio del cantiere, gestita da una ragazza (Luna Kwok) che diventa uno dei loro pochi agganci con la realtà. "Una terra immaginata", recita il titolo: è la terra dei sogni, e come tale inesistente anche quando sembra concreta. A Singapore, la "terra sottratta al mare" conta già per il 20% della dimensione originale dell'isola, e un'ulteriore espansione è in corso. L'ottima regia, coadiuvata da una bella fotografia e da un'affascinante colonna sonora, catapulta lo spettatore in un panorama desolato e ipnotico, dove il tema della denuncia sociale è accompagnato da un gusto estetico che spazia da Antonioni ("L'avventura", un'altra storia di scomparsa) a Wong Kar-Wai. Pardo d'oro al Festival di Locarno.

2 commenti:

Marisa ha detto...

un luogo-non luogo, uno dei nuovi "inferni" sulla terra creati dall'avidità dell'uomo e dallo sfruttamento, dove i veri ricchi (destinatari dei nuovi paradisi)non compaiono mai, lasciando fare il lavoro sporco ai capi-cantieri. Il tutto reso molto più ambiguo e surreale dal bianco allucinante della sabbia dell'immenso cantiere dove è così facile far sparire i lavoratori scomodi. Che ci sia in atto una protesta da parte degli operai cinesi sfruttati è suggerito solo da una immagine in cui una piccola sagoma umana è appollaiata su un'enorme gru con uno striscione in mano...
Che un vero poliziotto si interessi alla scomparsa di un piccolo operaio cinese è forse solo un sogno?

Christian ha detto...

Grazie per il bellissimo commento! Questo film è formalmente bellissimo, ma ha anche il pregio di offrire numerosi spunti che fanno riflettere. Viene voglia di rivederlo più volte.