Sheikh Jackson (Amr Salama, 2017)
Sheikh Jackson
di Amr Salama – Egitto 2017
con Ahmed El Fishawy, Ahmed Malek
**1/2
Visto all'Auditorium San Fedele, con Marisa e Patrizia,
in originale con sottotitoli (FESCAAAL).
La notizia della morte di Michael Jackson, di cui era stato un grande fan da adolescente, fa piombare in crisi spirituale (e non solo) un giovane imam, che inizia a dubitare della propria fede. Gli incubi e l'ossessione per la morte lo portano da una psicoanalista, davanti alla quale rievocherà il proprio passato e in particolare il difficile rapporto con il padre. E alla fine riuscirà finalmente ad accettare sé stesso, riappacificandosi con il genitore e cessando di rinnegare una parte di sé. Etichettato come una commedia (e in effetti non mancano scene surreali o momenti divertenti: si pensi alle "apparizioni" di Michael Jackson a disturbare il protagonista durante le preghiere, o all'anello elettronico con cui tiene il conto dei peccati e delle buone azioni commesse), questo insolito film (campione d'incassi in Egitto, nonostante un soggetto che potrebbe sembrare quantomeno poco ortodosso da un punto di vista religioso) è una lunga riflessione di un personaggio che cerca di conciliare e rimettere insieme le diverse parti di sé, a cominciare dalla propria identità. Il suo vero nome Khaled, infatti, non viene quasi mai usato: i compagni di classe lo prendono in giro con un nomignolo dispregiativo, lui stesso si ribattezza Jackson per far colpo su una ragazza (a sua volta appassionata del cantante) di cui è innamorato, e da adulto a un certo punto perde pure la carta d'identità. La via d'uscita, come sempre, sta nella sincerità e nel bandire le ipocrisie (per esempio, non vietando alla figlia di seguire le proprie passioni, a differenza di quello che il padre aveva fatto con lui). Nonostante i numerosi riferimenti e le tante citazioni visive, nella pellicola non è presente alcun brano del cantante.
2 commenti:
Film gradevole che prende garbatamente in giro la rigidità di certi schemi educativi più che il fanatismo religioso e forse per questo in un paese musulmano non è stato censurato. Infatti è il machismo del padre a essere soprattutto sotto tiro e la liberazione passa proprio dalla riconciliazione con lui.
Hai ragione, il vero conflitto irrisolto è quello con il padre (da cui discende quello con sé stesso) e non con la religione. Resta comunque un film decisamente curioso (e ben svolto).
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