10 marzo 2018

Il perito (Atom Egoyan, 1991)

Il perito (The adjuster)
di Atom Egoyan – Canada 1991
con Elias Koteas, Arsinée Khanjian
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli in inglese.

Noah Render (Elias Koteas), perito per una compagnia di assicurazioni, ha il compito di entrare in contatto con le persone che hanno perso la propria casa in un incendio e di aiutarle a "superare lo shock", trovandogli una sistemazione provvisoria in un motel e compilando insieme a loro l'elenco di tutte gli oggetti di valore che hanno perduto, fino a quando la richiesta di risarcimento non va a buon fine. Premuroso e simpatetico, crea un legame e conquista a tal punto il favore dei suoi "clienti" da finire spesso a letto con loro. Ma non è l'unico a entrare prepotentemente nella vita delle persone: lo fa anche il ricco ed eccentrico Bubba (Maury Chaykin), che mette in scena strane pantomime in pubblico (travestito da barbone, per esempio) e si finge produttore cinematografico per poter curiosare nelle case altrui. E come Noah si occupa di classificare ciò che ha valore per le persone, lo stesso fa sua moglie Hera (Arsinée Khanjian), membro di una commissione di censura che ha il compito di catalogare (ed eventualmente vietare) film erotici e violenti (ma al tempo stesso registra clandestinamente tali pellicole per poterle mostrare alla sorella muta). A parte gli incubi notturni, marito e moglie hanno pochi punti di contatto: tanto che lui non si renderà nemmeno conto di stare per perderla. Forse il primo film di Egoyan a raggiungere una certa notorietà (anche se, a quanto ne so, non è mai giunto nel nostro paese), anticipa quell'atmosfera ambigua, sospesa, misteriosa e morbosa (a momenti persino surreale), con un misto di voyeurismo ed esistenzialismo, che caratterizzerà il suo primo vero successo, il successivo "Exotica". Per lunghi tratti, all'inizio, non si capisce chi siano questi personaggi e che cosa facciano: una sensazione di spaesamento amplificata dalla musica d'atmosfera di Mychael Danna. Poi, pian piano, comprendiamo il vero disagio che essi portano con sé: distratti da tutto ciò che sta loro attorno, trascurano infatti di guardare dentro di sé e si ritrovano dunque alienati e isolati. Proprio come la casa dove vive la famiglia di Noah, unico edificio completato (sia pure "fasullo", essendo stato eretto a scopi dimostrativi) in un lotto di terreno dove la costruzione delle altre case è stata rimandata (forse per sempre) e che dunque ha l'aspetto di un desolato deserto (che Noah si sfoga a riempire, tirando con l'arco fuori dalla finestra). Il film di compone di tante piccole situazioni episodiche, a volte surreali (come nei film di Roy Andersson, ma senza la stessa ironia) e a volte più significative (il vagabondo che si masturba fuori dalla finestra e davanti a Seta, la sorella di Hera, che ne resta sconvolta come invece non è di fronte ai film erotici che le porta la sorella; l'incontro fra Hera e il podologo sul treno; quello di Noah con la ragazza che lavora al motel o con i suoi tanti clienti; le messinscene nostalgiche o voyeuristiche di Bubba), che fungono da base su cui si appoggiano le menzogne, le bugie, la disperazione e la solitudine di personaggi che non hanno altro modo di vivere che quello di entrare nelle vite degli altri, anche se si tratta di completi sconosciuti.

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