26 marzo 2018

I am not a witch (Rungano Nyoni, 2017)

I am not a witch
di Rungano Nyoni – Zambia/Francia/GB 2017
con Maggie Mulubwa, Henry B.J. Phiri
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Visto all'Auditorium San Fedele, in originale con sottotitoli (FESCAAAL).

In un remoto villaggio in Zambia, gli abitanti accusano una bambina, giunta lì da sola e da chissà dove, di essere una strega. Evidentemente simili superstizioni possono essere prese sul serio, visto che le donne accusate di provocare danni di ogni tipo vengono isolate e recluse in apposite "riserve", mantenute legate a nastri bianchi per impedire loro di "volare via", costrette a lavorare nei campi o a intrattenere i turisti curiosi. La piccola bambina, ribattezzata Shula (che significa "sradicata") dalle sue protettive compagne anziane, suscita in particolare l'interesse di un funzionario governativo, il signor Banda, che ne sfrutta in ogni modo le presunte capacità (da quella di individuare a una prima occhiata il colpevole di un furto o di un delitto, scegliendolo fra i vari sospetti portati in tribunale, a quella di provocare la pioggia tanto attesa nei momenti di siccità). E la piccola Shula, taciturna dallo sguardo intenso, comincia a pensare che forse essere una strega non è poi questa gran cosa... Il bel film che ha vinto il primo premio al Festival del cinema africano di Milano è l'opera prima (dopo alcuni corti) di una regista zambiana trapiantata in Galles, che racconta una storia insolita e, in teoria, drammatica, con uno sguardo leggero, dai toni ironici e surrealisti, tanto che alcuni critici l'hanno paragonato ai lavori di Lanthimos o di Jodorowsky. Colpisce soprattutto come una superstizione che affonda le sue radici nelle tradizioni locali (e che un tempo, in fondo, aveva il suo corrispettivo in ogni parte del mondo, Italia compresa) sia ancora così accettata e presa sul serio anche in piena modernità, in un contesto dove ormai sono diffuse la scienza, i cellulari, i programmi televisivi e le automobili. A contribuire alla riuscita della pellicola e alla sua strana qualità, un misto di commedia satirica e dramma antropologico, c'è soprattutto lo sguardo della piccola protagonista, attraverso i cui occhi da bambina osserviamo anche noi tutta l'assurdità del mondo. Ma restano impresse anche l'eccentricità dei personaggi di contorno, parecchie immagini altamente simboliche (i nastri di seta, avvolti in enormi rulli, che limitano il raggio d'azione delle "streghe") e l'utilizzo della musica di Vivaldi.

2 commenti:

Marisa ha detto...

bellissimo film in cui la regista ha trovato una visione particolarmente adatta per rendere sia l'innocenza stupita della bambina, la solidarietà delle vittime anziane ormai rassegnate e l'assurdità di certi aspetti dell'irrazionale che ancora ci abitano.
La fine mi è sembrata particolarmente "liberatoria" perchè si riallaccia al tema archetipico del "capro espiatorio" (la bambina pensa che sarebbe stato meglio scegliere di essere una capra), declinato come redenzione collettiva (i nastri fluttuano liberamente) e purificazione attraverso la pioggia che finalmente arriva.
Bellissimo visivamente il cerchio finale delle donne tutte in rosso intorno al piccolo cadavere avvolto nel lenzuolo bianco!

Christian ha detto...

Sì, un film davvero particolare per come sa coniugare significati simbolici e archetipici con una storia appassionante, un personaggio memorabile come la bambina e anche alcuni momenti divertenti!