30 aprile 2019

Tardo autunno (Yasujiro Ozu, 1960)

Tardo autunno (Akibiyori)
di Yasujiro Ozu – Giappone 1960
con Yoko Tsukasa, Setsuko Hara
***1/2

Rivisto in divx, in originale con sottotitoli.

Mamiya (Shin Saburi), Taguchi (Nobuo Nakamura) e Hirayama (Ryuji Kita), tre uomini di mezza età, si mettono in testa di trovare un buon marito ad Ayako (Yoko Tsukasa), figlia ventiquattrenne del loro defunto amico Miwa, della cui vedova Akiko (Setsuko Hara) erano tutti – e lo sono ancora – innamorati. La scelta ricade su Goto (Keiji Sada), un giovane promettente che lavora nella stessa ditta di Mamiya. Ma la ragazza, pur chiaramente attratta da lui, fa capire di non essere interessata al matrimonio per non lasciare da sola la madre. Allora i tre, stavolta con la complicità di Yuriko (Mariko Okada), agguerrita amica di Ayako, decidono di trovare prima uno sposo anche per Akiko... Il terzultimo film di Ozu (sceneggiato con il fido Kogo Noda da un soggetto di Satomi Ton) è praticamente un remake a colori di "Tarda primavera", nel quale Setsuko Hara (qui la madre) interpretava la figlia. Molti dei suoi temi saranno poi riproposti due anni più tardi nell'ultimo film del regista, "Il gusto del sakè". Rispetto al lungometraggio originale, i toni sono assai più distesi e a tratti quasi da commedia, soprattutto quando sono in scena i tre anziani amici con le loro dinamiche, gli scherzi e i battibecchi (fra di loro e anche con le rispettive mogli). Ma dietro l'apparenza leggera e le schermaglie, la pellicola affronta questioni ben profonde e in particolare ironizza sulle nuove generazioni e il loro modo più "diretto" di gestire l'amore e i sentimenti: significativi anche i pur brevi momenti in cui i tre uomini interagiscono con i rispettivi figli, e naturalmente la scena dell'incontro con Yuriko. L'ostinazione di Ayako a non sposarsi, oltre che richiamare quella di Noriko in "Tarda primavera", si può leggere come una paura dell'età adulta (Yuriko la accusa infatti di essere "infantile") e del cambiamento di vita simboleggiato dal treno che passa davanti al palazzo in cui lavora e che porta via la collega che si è appena sposata. Certo, c'è poco o nulla di nuovo rispetto ai lavori precedenti (dei quali può essere considerato un compendio), ma la regia e la messa in scena hanno ormai raggiunto livelli di assoluta perfezione, nel loro apparente immobilismo, nelle alternanze di campo e controcampo, nel montaggio con le brevi inquadrature degli ambienti (curiosità: sia la casa di Akiko e Ayako, sia l'ufficio di Mamiya – ovvero i due luoghi cardine della storia, assieme ai vari localini e ristorantini serali – si presentano con gli stessi colori azzurro/acquamarina nelle porte, negli infissi e nei corridoi esterni). Ed è molto bello rivedere tutto l'ensemble degli attori caratteristici di Ozu (anche Chishu Ryu, che in "Tarda primavera" era il padre, compare brevemente nel ruolo dello zio di campagna).

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