12 aprile 2019

Little Cheung (Fruit Chan, 1999)

Little Cheung (Xilu xiang)
di Fruit Chan – Hong Kong 1999
con Yiu Yuet-Ming, Mak Wai-Fan
***

Rivisto in divx alla Fogona, con Marisa, in originale con sottotitoli.

Il Piccolo Cheung – battezzato così in onore di un vecchio attore e cantante dell'opera cantonese, che tutti nel quartiere chiamano colloquialmente "Fratello Cheung" – trascorre le giornate della piovosa estate del 1997 correndo con la sua bici per i vicoli della città vecchia ed effettuando consegne per conto del ristorante di famiglia. Mentre il padre gestisce il locale e la madre gioca a mahjong, la nonna resta a casa, accudita da una badante filippina, immersa nei suoi ricordi e nei vecchi film che passano in televisione. Il terzo film di Fruit Chan sul passaggio di Hong Kong dalla Gran Bretagna alla Cina (dopo "Made in Hong Kong" e "The longest summer") racconta gli eventi e l'atmosfera di quei giorni attraverso gli occhi (e il microcosmo) di un bambino di nove anni. La vecchia colonia britannica, con il suo passato e la sua cultura (simboleggiata dalla nonna, che in gioventù fu cantante e attrice proprio al fianco di Fratello Cheung), è destinata a sparire con l'imminente handover, mentre alle nuove generazioni viene insegnato il mandarino e a fare l'alzabandiera salutando in maniera corretta il vessillo della Repubblica Popolare Cinese. Priva di una vera trama, la pellicola accosta con sensibilità molte situazioni ed episodi: le scorribande inarrestabili del piccolo protagonista per le strade del quartiere di Mongkok; il suo curioso approccio alle dinamiche e al sistema di valori dei "grandi" (dominato dalla ricerca del denaro); i giochi e gli scherzi (come fare la pipì nel thé che deve consegnare al delinquente locale); il desiderio di racimolare la mance necessarie per comprarsi un “tamagochi”; le severe punizioni del padre; la ricerca di un fratello maggiore che non sapeva di avere e che il padre ha ripudiato perché ha scelto di diventare un gangster; l'affetto per Armi, la domestica filippina, indice di un'apertura verso le culture diverse; e soprattutto l'amicizia con la coetanea Fan, immigrata clandestina dalla Cina continentale, da cui si fa aiutare nel lavoro (dividendo con lei le mance) e la cui deportazione da parte della polizia – proprio a poche ore dal fatidico cambio di bandiera – segnerà ufficialmente la fine dell'infanzia (del bambino come dell'intera Hong Kong). Come capita spesso nei film di questo regista, quasi tutti gli interpreti sono attori non professionisti. Il titolo originale è lo stesso di un film del 1950 che vedeva Bruce Lee (a soli 10 anni) in uno dei suoi primi ruoli da protagonista.

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