FESCAAAL 2019 - conclusioni
Il festival mi è piaciuto, ma meno dell'anno scorso, o forse ho provato una maggiore stanchezza che mi ha fatto trovare parecchi film troppo lenti e noiosi (e di solito a me la lentezza non dà per nulla fastidio, anzi!). Due sono le pellicole che ho gradito sopra tutte: il colombiano "Los silencios" della regista brasiliana Beatriz Seigner, toccante riflessione sul rapporto fra vivi e morti; e il documentario in animazione rotoscope "Ancora un giorno", tratto dal libro di Kapuściński sulla guerra civile in Angola. Interessanti anche i cinesi "Baby" (che ha vinto il primo premio, mentre a "Los silencios" è andato il premio del pubblico) e "Youth", il siriano "The day I lost my shadow" e, pur con qualche difetto, l'indiano "Bulbul can sing" e il coreano "Burning". Tutto il resto si può facilmente dimenticare, a partire dal film italiano d'apertura. A molte pellicole erano abbinati dei cortometraggi (per lo più africani), che non ho recensito (fra i migliori: "Brotherhood" di Meryam Joobeur e "Tangente" di Julie Jauve e Rida Belghiat). Curiosamente, dei tredici film che ho visto, ben sette erano firmati da registe donne: non so se la cosa sia dovuta al sempre maggior spazio e attenzione ai temi femminili all'interno delle cinematografie in via di sviluppo, o semplicemente al fatto che a dirigere il festival (e dunque a supervisionare il processo di selezione) ci fossero due donne.
0 commenti:
Posta un commento