5 aprile 2021

Triple agent (Éric Rohmer, 2004)

Triple agent - Agente speciale (Triple Agent)
di Éric Rohmer – Francia 2004
con Katerina Didaskalou, Serge Renko
**1/2

Visto in TV (RaiPlay), in originale con sottotitoli.

La pittrice greca Arsinoe (Katerina Didaskalou) e suo marito Fiodor Voronin (Serge Renko), esule russo, vivono a Parigi nella seconda metà degli anni Trenta. Fiodor, che prima di lasciare il proprio paese aveva militato nell'armata bianca durante la guerra civile in opposizione ai bolscevichi, lavora ora per l'associazione degli espatriati russi e sembra sempre molto informato sui fatti e i retroscena politici che scuotono l'Europa e le varie diplomazie. Al punto che molti, e a volte anche la moglie, sospettano che si tratti di una spia e che faccia il doppio (o il triplo!) gioco. Ma a favore di chi? Dei comunisti sovietici? Dei nazisti tedeschi? O del governo francese? Ispirato a una storia vera (quella di Nikolai Skoblin, ex generale della Russia bianca e agente segreto sovietico, coinvolto nella misteriosa sparizione di un altro generale esule a Parigi e poi a sua volta sparito nel nulla), un film intelligente e dai risvolti interessanti con cui Rohmer, dopo "La nobildonna e il duca", torna ad affrontare a proprio modo un periodo cruciale della storia europea, anche se come sempre nel suo cinema c'è parecchia artificiosità e una forte preponderanza dei dialoghi. Anche grazie all'inserimento di materiali di repertorio (cinegiornali degli anni 1936-1940), i complessi eventi socio-politici dell'epoca (le dinamiche di governo interne alla Francia, con il tentativo del Fronte Popolare di opporsi all'avanzata fascista; la guerra civile in Spagna; i rapporti fra la Germania nazista, l'URSS e le altre potenze europee alla vigilia della guerra) fanno da sfondo alle vicende "interne" narrate soprattutto dal punto di vista ingenuo e disincantato di Arsinoe, che ne ignora i retroscena e non è al corrente delle attività del marito, di cui le giungono a tratti solo voci e accenni da parte di amici o colleghi. L'ambiguità di Fiodor ("A volte è più intelligente dire la verità che mentire, perché nessuno ti crederà"), che sembra nascondere qualcosa o simulare anche quando apparentemente parla con sincerità (non solo di politica, ma anche di arte, viaggi o progetti di vita) e che si barcamena fra punti di vista contrapposti (non esitando a discutere con colleghi zaristi, vicini di casa comunisti, amici o parenti di varie estrazioni), lascia la moglie – e noi spettatori! – nel dubbio fino alla fine (si è parlato di "opacità delle motivazioni umane"), e la sua scomparsa finale cela un enigma destinato a non essere svelato del tutto. Alla fine il valore maggiore del film sta soprattutto nel calare lo spettatore in un particolare contesto, fornendo (attraverso i dialoghi) spunti e informazioni su un periodo critico ben preciso ma poco noto della storia europea. Nel cast anche Cyrielle Clair, Grigori Manukov e Dimitri Rafalsky.

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