A casa tutti bene (G. Muccino, 2018)
A casa tutti bene
di Gabriele Muccino – Italia 2018
con Stefano Accorsi, Gianmarco Tognazzi
*1/2
Visto in TV, con Sabrina.
Per festeggiare le nozze d'oro di Pietro e Alba, i numerosi membri della loro famiglia allargata si riuniscono sull'isola dove questi risiedono (isola senza nome: ma il film è stato girato a Ischia). Ma la sospensione dei traghetti per via del maltempo costringerà tutti a trattenersi sull'isola più del previsto, due giorni durante i quali esploderanno litigi, tensioni, gelosie, rancori e infedeltà. Con un ampio cast corale, Muccino torna ad affrontare temi in fondo già visti a più riprese, tanto nel suo cinema quanto in quello cui fa (o vorrebbe fare) riferimento: un'analisi cinica e spesso impietosa del malessere e delle nevrosi individuali o di gruppo, che si trasforma in un gioco al massacro senza però un particolare intento di fornire una rappresentazione realistica o credibile della società contemporanea. I personaggi, infatti, rappresentano soltanto sé stessi: individui antipatici, egoisti, qualunquisti, buzzurri o idioti (oltre che generici e intercambiabili nei propri ruoli), che si esprimono attraverso dialoghi banali e retorici, scene gridate o stereotipate, caratterizzazioni da fiction nazional-popolare (non a caso sono tutti identificati solo con il nome, come in una soap opera: ignoriamo persino il cognome della famiglia!), le immancabili canzoni cantate in coro, amori e tradimenti di scarso interesse e di cui non ci importano gli sviluppi, e naturalmente nessuna idea a livello di stile, di ricerca visiva o di composizione dell'immagine. Il vasto cast (del tutto inutile specificare o distinguere i ruoli) comprende Stefano Accorsi, Carolina Crescentini, Elena Cucci, Tea Falco, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Sabrina Impacciatore, Ivano Marescotti, Giulia Michelini, Sandra Milo, Giampaolo Morelli, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino, Gianmarco Tognazzi: ma ognuno recita per conto proprio (o a coppie) le proprie scenette, biascicando frasi a volta difficili da comprendere per via del solito mix micidiale fra l'incompetenza dei fonici e le pessime dizioni che funestano da vent'anni il cinema italiano (maledetto il giorno in cui è stato abbandonato il doppiaggio in nome di un presunto realismo o, più probabilmente, dell'ego degli attori). Con poche ma notevoli eccezioni, a dire il vero: si vede per esempio che la Sandrelli è della "vecchia scuola", ovvero che ha studiato dizione. Non che poi ci fosse molto da comprendere: se il soggetto in fondo ha i suoi meriti, i dialoghi – come detto – sono la cosa peggiore del film, espositivi e didascalici, mediocri e fasulli sia quando vorrebbero essere "poetici" sia nelle tante sequenze delle litigate. Di maniera anche la colonna sonora di Nicola Piovani.
2 commenti:
Mamma mia... nonostante sappiamo che Muccino questo è, alla fine ci caschiamo (almeno io ogni tanto ci casco) e ci ritroviamo sempre a dire e pensare le stesse cose... Questo film, ovviamente, non fa eccezione.
Davvero: Muccino è proprio vicino al grado zero della mia scala di gradimento cinematografico. Questo film, paradossalmente, non è nemmeno fra i suoi peggiori, ma un confronto con il cinema italiano "d'autore" del periodo d'oro (dagli anni '50 agli anni '70) è imbarazzante.
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