21 maggio 2019

Ida (Paweł Pawlikowski, 2013)

Ida (id.)
di Paweł Pawlikowski – Polonia/GB/Fra/Dan 2013
con Agata Trzebuchowska, Agata Kulesza
***1/2

Visto in divx alla Fogona.

Polonia, anni sessanta. Pochi giorni prima di prendere i voti, la giovane novizia Anna esce per la prima volta dal convento per trascorrere qualche giorno con l'unica parente che le è rimasta: la zia Wanda, giudice comunista che vive a Varsavia. Inizialmente la donna (che appare fredda, ostile, disillusa, nonché dedita ai vizi e alla vita mondana) sembra volerla respingere. Ma poi le rivela la verità su di lei: il suo vero nome è Ida, la sua famiglia era ebrea e i suoi genitori sono stati uccisi durante la guerra. Insieme, le due partono per il villaggio dove vivevano, per scoprire come sono morti (denunciati da un vicino che si è poi impadronito della loro casa) e dove sono stati sepolti. Il doloroso viaggio, oltre ad avvicinarle, cambierà profondamente entrambe le donne. Con stile solenne ed essenziale, come un film di Bresson (è girato in bianco nero e in 4:3) o magari – vista la breve durata: un'ora e venti scarsa – un episodio del “Decalogo” del connazionale Kieslowski, Pawlikowski firma forse il suo capolavoro: un film che affronta la delicata questione della complicità dei civili polacchi nelle atrocità naziste durante la guerra, ma non solo. Formalmente elegante, intenso e toccante, nella sua semplicità affronta temi esistenziali (da diversi punti di vista) e il modo di reagire ai dolori della vita, ritirandosi da essa o tuffandocisi completamente, accettando le cose con consapevolezza e serenità oppure rifiutandole con rabbia e furore. La musica, quasi tutta diegetica, spazia dalla classica (la sinfonia “Jupiter” di Mozart, che Wanda ascolta ripetutamente) alle canzonette (fra cui “24 mila baci” e “Guarda che luna”), fino al jazz di John Coltrane suonato dal giovane sassofonista con cui Ida decide di “sperimentare” un po' di quella vita cui dovrà poi rinunciare diventando suora, accettando il consiglio di Wanda secondo cui bisogna conoscere quello che si sceglie di abbandonare, altrimenti il sacrificio non ha alcun valore. Sulle scene finali del suo ritorno in convento, si ode invece una versione per piano della cantata di Bach “Ich ruf zu dir, Herr Jesu Christ”. È il primo film ambientato in patria di Pawlikowski, che in precedenza aveva lavorato per lo più in Gran Bretagna (dove è cresciuto). Premio Oscar per il miglior film straniero.

1 commento:

Marisa ha detto...

Film bellissimo e complesso in cui la scelta appare finalmente degna di essere chiamata tale solo se la consapevolezza passa attraverso una vera esperienza di identità, legata sia alle proprie origini che a quella delle proprie pulsioni sessuali e le sue conseguenze ("E poi?" chiede Ida al giovane musicista dopo l'incontro amoroso).