17 maggio 2019

I figli del fiume giallo (Jia Zhangke, 2018)

I figli del fiume giallo (Jianghu ernu, aka Ash is purest white)
di Jia Zhangke – Cina 2018
con Zhao Tao, Liao Fan
***

Visto al cinema Eliseo.

Nel 2001, a Datong (una città mineraria nella provincia di Shanxi, in crisi da quando il prezzo del carbone è crollato e il governo progetta di chiudere del tutto l'attività estrattiva), Qiao (Zhao Tao) è la ragazza di Bin (Liao Fan), il boss della triade locale. Per difenderlo da un agguato non esita a impugnare una pistola, e finisce così in prigione. Rilasciata dopo cinque anni, scopre che Bin si è trasferito in un'altra regione, ha cambiato vita e ha un'altra donna. Lo ritroverà molti anni più tardi, nel 2018, quando – ormai rimasto solo e malato – sarà lui a cercare lei... Rivisitando i temi già affrontati nei lavori precedenti (la rapida trasformazione della Cina, dove il destino di milioni di persone è influenzato dai progetti di urbanizzazione, dalla crisi economica, dalla costruzione di dighe o di centrali nucleari), Jia firma un lavoro intenso ed elegante, diviso (come già "Al di là delle montagne") in tre diversi periodi storici (2001, 2006 e 2018) durante i quali segue le peripezie della sua protagonista, un'epopea – o forse una parabola – personale (incentrata com'è su due soli personaggi) ma che al tempo stesso riguarda l'intera società cinese al passaggio del millennio. E racconta di un mondo dove i valori e la bellezza del passato vengono progressivamente ridotti in cenere (ma bruciare significa anche purificare, come commenta Qiao e come ci ricorda il titolo internazionale della pellicola, "Ash is purest white"): ecco dunque che nuove bande di giovani delinquenti osano mettere in discussione l'autorità delle triadi, che antiche attività come quella mineraria vengono spazzate via dal progresso e dalle decisioni del governo, che intere città vengano ricoperte dall'acqua, che le zone più arrestrate del paese vengono costrette a forza a modernizzarsi, che per sopravvivere è necessario ricorrere a truffe e furti di ogni tipo. Per non parlare di contraddizioni e coesistenze fra antico e moderno (il socio di Bin che non riesce a vendere le ville perché ritenute infestate dai fantasmi, il medico che pratica medicina tradizionale cinese in una moderna clinica occidentale, il viaggiatore in cerca di extraterrestri). Molto bella la regia, elegante, ariosa e poliedrica, coadiuvata dalla fotografia colorata di Éric Gautier. Da notare anche la colonna sonora, che da nostalgica nel primo segmento (si ode ripetutamente la canzone di Sally Yeh dal film "The killer" di John Woo: lo stesso Bin, insieme ai suoi "fratelli", è mostrato mentre guarda film d'azione come "Tragic Hero" con Chow Yun-fat e Andy Lau) si fa via via più astratta ed elettronica.

2 commenti:

Ismaele ha detto...

Jia Zhang-ke non delude mai.
riesce sempre a fare film che uniscono perfettamente storie personali e un affresco della società cinese, economica, sociale e politica, dentro il mondo che cambia a velocità, per noi "occidentali", impensabili.

Christian ha detto...

Quello di ritrarre il rapido cambiamento della società cinese, proprio mentre sta avvenendo, è da sempre uno dei suoi punti di forza. È quasi come, al di là della storia e dei personaggi, i suoi film fossero dei documentari. Il tutto con una confezione sempre molto suggestiva, con grande attenzione alle immagini e alla colonna sonora, e con scene a volte sorprendenti (qui, per esempio, l'apparizione dell'UFO).