The lobster (Yorgos Lanthimos, 2015)
The lobster (id.)
di Yorgos Lanthimos – Grecia/Fra/Ola/GB/Irl 2015
con Colin Farrell, Rachel Weisz
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Visto al cinema Apollo, con Sabrina e Marisa, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).
Primo film in lingua inglese del regista greco Yorgos Lanthimos, questa bizzarra pellicola descrive un mondo distopico in cui le persone sono obbligate per legge a vivere in coppie. Chi è o rimane single (come il protagonista David, lasciato dalla moglie dopo undici anni di matrimonio) viene trasferito in apposite strutture alberghiere, dove avrà 45 giorni di tempo per trovarsi una compagna ideale (o un compagno: l'omosessualità è consentita). Se non ci riuscirà, sarà trasformato in un animale (David afferma che, nel caso, vorrebbe diventare un'aragosta: da qui il titolo del film). Naturalmente in una società del genere esistono anche dei ribelli: gruppi di "solitari" che vivono in clandestinità nei boschi e che hanno a loro volta regole molto severe: le relazioni sentimentali o sessuali sono assolutamente proibite. Da un estremo all'altro, insomma. Se lo spunto sembra degno di uno sketch di Buñuel (ed è difficile non pensare al regista spagnolo quando, nel finale, una lama si avvicina a un occhio), lo sviluppo è del tutto originale, pur se cupo, allegorico e stravagante, nel raccontare un mondo dove ogni relazione è utilitaristica (essendo finalizzata alla sopravvivenza) e dunque anaffettiva, e dove l'unico requisito per vivere insieme non è tanto l'amore quanto il poter vantare una caratteristica in comune, che si tratti di un difetto fisico (la zoppia, la miopia, un naso che sanguina), di una capacità (parlare una lingua straniera, suonare il pianoforte) o persino di una mancanza (quella di provare emozioni, per esempio). Per non parlare delle "battute di caccia" ai solitari (con tanto di fucili che sparano dardi narcotizzanti) da parte degli ospiti dell'albergo, cacce all'uomo che riecheggiano "La pericolosa partita". Cast internazionale, dicevamo: un eclettico Colin Farrell è il protagonista, Rachel Weisz la donna di cui si innamora, Léa Seydoux la leader del solitari; e ancora, Ben Whishaw, John C. Reilly, Olivia Colman, Jessica Barden, Ariane Labed e Angeliki Papoulia. Per tutta la prima parte il film è accompagnato da una narrazione, come se si trattasse di un romanzo: scopriremo soltanto più avanti che si tratta di un diario, e chi è la narratrice. A livello di satira sociale, non è però ben chiaro quali siano i bersagli (i rapporti sentimentali? l'orgoglio dei single? o semplicemente i modelli tradizionali delle relazioni, o le sovrastrutture comportamentali imposte dalla società?). In fondo, anche nel mondo reale molte coppie si formano solo perché si ha paura di restare soli, e non necessariamente per amore, così come al contrario chi reprime i propri sentimenti lo fa per costrizione e non per libera scelta. Il film di Lanthimos fa riflettere su tutto questo con una certa ridondanza, accompagnata da toni freddi che si sciolgono nella commedia assurdista e surreale, distaccandosi se non altro da tante convenzioni del cinema contemporaneo e ricordando certi lungometraggi stranianti degli anni settanta (il citato Buñuel, ma anche Ferreri).
5 commenti:
Sembra molto interessante, per quanto Lanthimos a me risulti sempre ostico.
Spero di recuperarlo presto.
Lanthimos e la Weisz in un unico film? DEVO VEDERLO!
James Ford: per me era il suo primo film, e non l'ho trovato ostico. Anche se in certi momenti è particolarmente duro o violento, la cifra satirica e surreale impedisce di prenderlo completamente sul serio...
Jean Jacques: probabilmente arriverà anche in sala, visto il ricco cast di nomi noti.
E' un film che mi ha molto disturbata e fatto riflettere, perchè gli artisti spesso colgono i cambiamenti in atto nei modelli comportamentali e nei vissuti di tutta la collettività e li amplificano, mettendoceli sotto gli occhi in modo spietato e paradossale.
Qui vedo la totale perdita di quella misteriosa forza d'attrazione tra gli uomini e donne che veniva chiamata “L'affinità elettiva” e sostituita invece da una “compatibilità” basata su un qualsiasi elemento, anche patologico in comune, come hai ben fatto notare. Si sostituisce la capacità di intendersi per “analogia e simbolo” con un “concretismo” piatto e banale che la psicoanalista junghiana Marie Luise Von Franz chiamava “concretinismo”
E' un fenomeno molto preoccupante perchè ad esso si accompagna l'atrofia dello spirito.
Va da sé che con simile perdita si passa, sempre prendendo le cose solo “alla lettera”, da un estremo all'altro, eccessi che rendono gli uomini molto meschini ed infelici
Penso che l'intento del regista fosse proprio quello di provocare riflessioni di questo tipo. La cornice surreale (la trasformazione in animali, per esempio, che secondo alcuni "non provano emozioni", o forse semplicemente non si rendono conto di provarle...) impedisce di prendere alla lettera tutto ciò che si vede sullo schermo, ma non di intuire alcune tendenze che si affacciano nella nostra società, e che vedono il matrimonio (o anche la sua assenza) solo a fini utilitaristici...
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