Il serpente e l'arcobaleno (Wes Craven, 1988)
Il serpente e l'arcobaleno (The serpent and the rainbow)
di Wes Craven – USA 1988
con Bill Pullman, Cathy Tyson
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Visto in divx.
Dennis Allan (Pullman), giovane antropologo americano, viene inviato ad Haiti da un'azienda farmaceutica affinché scopra il segreto con cui i sacerdoti voodoo riportano in vita i morti. L'uomo, che era già entrato in contatto con il soprannaturale durante un precedente viaggio in Amazzonia (nel quale aveva incontrato il proprio animale totemico, il giaguaro), si ritroverà invischiato in una ragnatela di misteri, stregoneria e magia nera, sullo sfondo di un contesto sociale e politico ad alta tensione: siamo infatti negli ultimi giorni della dittatura di Jean-Claude Duvalier, e a mettere i bastoni fra le ruote ad Allan c'è Peytraud (Zakes Mokae), capo dei Tonton Macoutes (la polizia segreta del paese) e al tempo stesso potente stregone che usa la magia nera a fini politici, per impadronirsi delle anime dei suoi nemici, renderli schiavi o viaggiare nei loro sogni. Tratto da un libro (non di fiction!) dell'etno-botanico Wade Davis, uno dei film più interessanti e atipici di Craven, che unisce l'ingenuità dei b-movie horror degli anni ottanta (ci sono persino echi di Sam Raimi, tanti effettacci "artigianali" come teste mozzate o mani che si allungano, nonché una buona dose di seguenze oniriche e surreali che ricordano il "Nightmare" dello stesso Craven) ad affascinanti aspetti socio-antropologici che rendono alcune sequenze quasi documentaristiche (vedi per esempio le commistioni fra voodoo e cattolicesimo, come nella scena della processione, che non avrebbe sfigurato in "Demoni e cristiani nel Nuovo Mondo" di Werner Herzog). La carne al fuoco è molta: il filone degli zombi haitiani (popolare al cinema sin dai tempi di "Ho camminato con uno zombi" di Tourneur, e lontano anni luce dalle incarnazioni moderne e post-romeriane), il tentativo di darne una spiegazione scientifica (all'origine della morte apparente c'è una combinazione di tetrodotossina e allucinogeni, benché la preparazione della "polvere" usata dagli stregoni richieda un rito antico e complicato), i tumulti e le rivoluzioni nelle zone più povere dei Caraibi, le danze e le cerimonie, il misto di credenze e superstizioni: a tratti Craven sembra perdere il filo, e il finale forse è un po' di grana grossa, ma nel complesso la pellicola lascia un ottimo ricordo di sé. Cathy Tyson (Marielle), Paul Winfield (Celine) e Brent Jennings (Mozart) interpretano gli alleani haitiani di Allan. Fra le scene cult: la mano mummificata che esce dalla minestra, il protagonista seppellito vivo con una tarantula, la tortura con il chiodo da parte di Peytraud. Il titolo si riferisce alle leggende del voodoo: il serpente e l'arcobaleno sono rispettivamente il simbolo della terra e del cielo, e l'uomo che vi rimane imprigionato in mezzo – come uno zombi che non è né vivo né morto – è destinato a soffrire.
2 commenti:
Gran bel film, un cult di genere e uno dei migliori di Craven.
Concordo in pieno.
Ha un fascino tutto suo. Craven, poi, è un grande!
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