11 giugno 2008

Il resto della notte (F. Munzi, 2008)

Il resto della notte
di Francesco Munzi – Italia 2008
con Sandra Ceccarelli, Constantin Lupescu
*1/2

Visto al cinema Anteo (rassegna di Cannes).

Una rapina in villa, che termina in tragedia, unisce le esistenze di due mondi che fino ad allora avevano convissuto parallelamente. In questo film corale il regista ci mostra da un lato la vita borghese e infelice di una ricca famiglia torinese (la moglie depressa è terrorizzata dagli zingari; il marito fedifrago si separa dall'amante; la figlia quindicenne ha i suoi primi approcci con il fidanzatino) e dall'altro quelle disastrate di due fratelli rumeni, Ionut e Victor, e di un cocainomane italiano che cerca disperatamente di riallacciare un rapporto con il proprio figlioletto. A unire i loro destini è Maria, la ragazza di Ionut, che lavorava come colf presso la famiglia di cui sopra prima di essere licenziata con l'accusa di aver rubato un paio di orecchini. Registicamente il film avrebbe anche i suoi buoni momenti (su tutti la sequenza della rapina, della quale non vediamo quasi nulla ma ascoltiamo – in compagnia del giovane Victor – gli echi degli spari che si perdono nella notte), ma è affossato da un'infinità di luoghi comuni sugli immigrati tutti delinquenti, da dialoghi banali e da fiction televisiva, da personaggi stereotipati e da attori poco convincenti (soprattutto gli italiani: i rumeni invece mi sono piaciuti di più), senza riuscire a dire assolutamente nulla di interessante su temi come l'integrazione e l'emarginazione. Pessimo l'inizio, poi migliora e cresce, ma resta una pellicola semplicistica e senza troppe qualità.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

"ma è affossato da un'infinità di luoghi comuni sugli immigrati tutti delinquenti".
Scusa se mi permetto, ma questo giudizio è molto superficiale e mi spiace sia questo ciò che hai percepito da tutta la storia. Non mi sembra che il film dia un ritratto positivo di nessuno dei personaggi, italiani o rumeni. E' una storia molto vera e triste, dura da accettare, e forse l'unico che lascia una fievole speranza è proprio il giovane fratello di Ionut.
Credo proprio che a forza di parlare e sentir parlare per luoghi comuni stiamo perdendo la capacità di rimanere obiettivi, tanto da fermarci a giudicare un film del genere in modo così poco approfondito, solo perchè parla di povertà e disperazione e delle conseguenze, ti assicuro molto reali e concrete, che certe situazioni possono portare all'interno di una società.
Non sono leghista e tantomeno razzista, ma questo non significa che guardo le cose coi paraocchi.
La verità fa male, ma quello del film è esattamente il paese in cui viviamo. Gomorra docet.
Ciao.
Claudia

Martin ha detto...

Scusa Claudia ma mi sembra che da un po' di tempo a questa parte si continua a fare un altro tipo di errore, vale a dire confondere il cinema con la realtà.
Che i fan di Garrone (questo non l'ho visto) lo accettino o meno il cinema è sempre finzione, al massimo può essere una riflessione sulla realtà o uno sguardo sulla realtà.
C'è una gran bella differenza.
Per quanto possa essere imitativa, la rappresentazione cinematografica è sempre un'interpretazione, una "parzializzazione" della realtà.
E proprio per questo è possibile mettere in discussione il modo con cui questa operazione viene effettuata, sottolineando quando ciò viene fatto in modo banale o poco approfondito.
Non basta mostrare il peggio del peggio per ottenere realismo, al massimo si ottiene una "visione" della realtà che se è costruita con luoghi comuni giustamente va sottolineata negativamente.
Conosco Christian abbastanza bene per ritenere che i suoi non siano giudizi superficiali e, soprattutto, se dice che i dialoghi sono banali e da fiction televisiva, sono assolutamente disposto a credergli.

Christian ha detto...

Claudia, oltre a quello che ha scritto Martin (e che condivido: io sto criticando un film, non la realtà che il film vuole mostrare), vorrei aggiungere che non mi pare proprio di aver scritto che il film dia un ritratto positivo dei personaggi (anche perché non è vero, a parte forse Maria e Victor), bensì che ne dia un ritratto banale e stereotipato. Quanto ai temi, di film che mostrano la realtà, la povertà e la disperazione ne ho visti molti che mi sono piaciuti più di questa mediocre pellicola. Anzi, di solito più un film è disperato e più mi piace (non sopporto la melassa e l'obbligo del lieto fine), ma quello che mi infastidisce sono i luoghi comuni. In più ho trovato la sceneggiatura davvero piatta. Ti faccio un solo esempio: che bisogno c'era di mostrare che Maria aveva effettivamente rubato gli orecchini? Senza quella scena, sia il personaggio sia il film avrebbero guadagnato un po' di ambiguità, così invece si sottrae valore alla precedente scena in cui Maria viene cacciata dalla famiglia. Non trovi?

Anonimo ha detto...

Caro Martin, dal discorso che fai presumo che il film tu non l'abbia visto, cosa che ti consiglio di fare prima di scrivere. Ma forse era una difesa a oltranza...
Il cinema è un'arte, su questo siamo tutti d'accordo. Siamo anche d'accordo sul fatto che i gusti siano del tutto soggettivi e che una cosa oggettivamente bella possa anche non piacere.
Detto questo non condivido il discorso secondo il quale è un errore confondere il cinema con la realtà.
Quanti romanzi sono lo specchio di società vere, in cui vengono denunciati gli abusi di potere o l'indifferenza di chi ci vive?
Per non parlare della musica...tutta l'arte, nella sua interezza e complessità, spesso parte da un disagio che può essere interiore ma può anche allargarsi con la pretesa, giusta secondo me, di divulgare realtà che si trovano spesso a pochi passi da noi, ma delle quali nessuno parla, facendole di fatto sparire.
Sempre di arte si tratta. Ora, secondo me l'intento di Munzi, come di molti altri registi, è questo, così come Garrone ha scelto di girare Gomorra proprio a Scampia. Che facciamo diamo zero alle scenografie perchè quel posto fa schifo davvero e la gente ci vive veramente? Lo stesso discorso vale per il film di Munzi. La realtà nuda e cruda non va condita con l'ipocrisia. E riguardo l'esempio di Maria che ruba gli orecchini, è giusto, secondo me, non istillare solo il dubbio ma dare la certezza che li abbia presi lei, perchè questo è ciò che spesso accade. La colpa non è di nessuno e forse è di tutti.
Il regista de "Il resto della notte" si è limitato a descrivere i fatti senza prendere le parti di nessuno, come fosse un fotografo, scegliendo solo il soggetto e l'inquadratura.
Quando sottolineo che i personaggi sono tutti negativi, lo faccio perchè sul post ho letto che dal film viene fuori "una banale descrizione degli immigrati che sono tutti delinquenti". Vorrei aggiungere che nel film la combriccola di "delinquenti" di cui fa parte anche un tossico italiano (come ce ne saranno a migliaia) viene unita solo dalla disperazione e dalla povertà in cui riversano le loro condizioni. Come a dire che la differenza non è fra italiani e rumeni ma fra ricchi e poveri. Riguardo i dialoghi di cui si accennava, certo non mi aspettavo un film pieno di poesia. Allora sì sarebbe stato ridicolo.
Ciao.
Claudia

Christian ha detto...

Claudia, prima che ti risponda Martin ti rispondo anch'io, perché mi sembra che tu continui a non capire il punto del suo intervento. Qui nessuno sta criticando la realtà, o dicendo che il film è brutto perchè la realtà che mostra fa schifo, o che sarebbe stato più bello se ci fosse stata più poesia. Sarebbe invece stato più bello semplicemente se la regia, la recitazione, la fotografia e la sceneggiatura (ossia gli strumenti che il regista usa per descrivere la realtà o qualsiasi altra cosa) fossero stati di maggior qualità. Per esempio, a me “Gomorra” è piaciuto perché sotto questi strumenti sono usati meglio, molto meglio che in questo film di Munzi. L'argomento trattato dal film non ha nessuna relazione con la mia critica, che sarebbe la stessa anche di fronte a un film di fantascienza girato in maniera sciatta o pieno di luoghi comuni. Infine, una precisazione: “una cosa oggettivamente bella” non esiste, perché senza un osservatore che la guarda e la giudica in maniera soggettiva, nulla avrebbe il benché minimo valore estetico. Persino le meraviglie della natura, se non ci fossero gli esseri umani ad ammirarle, non avrebbero alcun valore e sarebbero semplicemente gli inevitabili risultati delle forze fondamentali dell'universo.

Martin ha detto...

Posso solo aggiungere che il mio discorso era ovviamente di carattere generale sul rapporto tra Cinema, realtà e "realismo".
I riferimenti a Gomorra invece sono il risultato di un mio personale apprezzamento anche se, a differenza di molti, ho ben presente che anche quella di Garrone è comunque una visione personale di quei luoghi e quelle vicende.
Il fatto che traggano spunto da vicende più o meno reali non cambiano il fatto che quella che viene messa in scena è una rappresentazione, che ognuno di noi, in questo e in altri casi, è libero di criticare.
Per quanto riguarda Christian, lo conosco bene e anche quando non siamo d'accordo lo stimo come persona capace di motivare le proprie opinioni (il contrario della superficialità) e, come ho già detto, quando fa un appunto tecnico su dei dialoghi tendenzialmente non ho problemi a credergli.

Anonimo ha detto...

Scusate, la mia non voleva essere una strenua difesa del film. Semplicemente ho apprezzato lo stile e il punto di vista del regista che, a mio modo di vedere, sono apparsi come qualcosa di diverso proprio perchè privi di qualsiasi giudizio o difesa dell'uno o dell'altro protagonista.
Riguardo il discorso
dell' "oggettivamente bello", ma esistono dei grossi distinguo, specialmente nell'arte. Da qui scaturiva la mia riflessione sul fatto che un qualsiasi capolavoro rimane tale anche se non risponde ai miei gusti. Tutto qui.
Saluti.
Cla