Be kind rewind (M. Gondry, 2008)
Be kind rewind - Gli acchiappafilm (Be kind rewind)
di Michel Gondry – USA 2008
con Jack Black, Mos Def
**1/2
Visto al cinema Eliseo, con Albertino.
Dopo “Se mi lasci ti cancello” e “L'arte del sogno”, Gondry realizza un film altrettanto visionario e immaginifico ma decisamente più leggero e "innocuo" dei precedenti. Il folle Jerry (Black), il cui corpo si è magnetizzato dopo un tentativo fallito di sabotare la centrale elettrica del quartiere (responsabile, secondo lui, di emettere pericolose microonde), cancella involontariamente il contenuto di tutte le vetuste videocassette presenti nel negozio di noleggio gestito dall'amico Mike. Mentre il proprietario del negozio – l'anziano Elroy (Danny Glover) – sta meditando di passare ai DVD, per far fronte alle richieste degli sporadici clienti ancora affezionati alle cassette (fra i quali Mia Farrow) i due amici decidono di rigirare da soli, nell'arco di poche ore e con effetti speciali artigianali, i film che sono andati perduti: le loro versioni “maroccate” (“sweded”, in originale) di film come “Ghostbusters”, “Rush Hour 2”, “Robocop” e “A spasso con Daisy” riscuotono un successo strepitoso nella piccola comunità del quartiere, trasformandoli in vere e proprie star, ma attirano anche le attenzioni delle major hollywoodiane, furiose per la violazione del copyright (l'avvocato delle suddette major, che nel film non ci fanno proprio una bella figura, è Sigourney Weaver). A quel punto, i nostri eroi si dedicheranno a un ultimo grandioso film, una pellicola biografica sul grande musicista jazz Fats Waller, che secondo una voce sarebbe vissuto nel quartiere e avrebbe abitato proprio nel palazzo che ora è sede della videoteca. Fra rulli compressori che schiacciano VHS sull'asfalto e un finale commovente alla "Nuovo Cinema Paradiso", la pellicola – abbastanza surreale all'inizio e poi via via sempre più lineare e prevedibile – vuole essere soprattutto un omaggio al cinema amatoriale (e la presenza di Jack Black, che era stato protagonista di “King Kong”, rappresenta un perfetto trait d'union con quel Peter Jackson che con “Forgotten silver” aveva già realizzato un inno all'inventiva cinematografica), alle videoteche di un tempo (con una sola copia di ogni film, contro i Blockbuster odierni che magari hanno centinaia di copie ma solo delle ultime uscite), alla solidarietà di quartiere e – per citare una critica che ho letto – al “lato ironico e beffardo di un cinema che 'si cancella' e reinventa sé stesso, diventando altro, affrancandosi da Hollywood per avvicinarsi alla gente comune”.
4 commenti:
Molto sfizioso, dovrei scriverne anche io prima o poi...
Una delle cose belle del film è la mancanza di "snobberia" cinefila, visto che i protagonisti "rifanno" con lo stesso impegno sia cult-movie d'autore sia blockbuster d'azione: tutto il cinema, "alto" o "basso" che sia, è oggetto del loro rimaneggiamento, senza cavillare su generi o velleità artistiche.
Ciao! Verrò a leggerti.
Spero di vederlo al cinema. M'incuriosisce molto. Ne ho letto bene un po' dappertutto e penso che dovrebbe piacermi.
Sì, credo sia uno di quei film che, più o meno, piace a tutti: forse però anche questo è un suo limite e lo rende meno geniale di "Se mi lasci ti cancello".
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