Cabiria (Giovanni Pastrone, 1914)
Cabiria
di Giovanni Pastrone – Italia 1914
con Umberto Mozzato, Bartolomeo Pagano
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Nel terzo secolo avanti Cristo, la piccola Cabiria (Lidia Quaranta) – figlia di un ricco nobile catanese – è rapita dai pirati fenici e venduta a Cartagine come schiava. Il sacerdote Karthalo progetta di sacrificarla al dio Moloch, ma sarà salvata dal romano Fulvio Axilla (Umberto Mozzato) e dal suo fedele servo Maciste (Bartolomeo Pagano). La sua storia si intreccia con le vicende della guerra fra romani e cartaginesi, e coinvolge molte importanti figure storiche: da Asdrubale ad Annibale, da Archimede a Scipione, da Massinissa (Vitale De Stefano) a Sofonisba (Italia Almirante Manzini). Il più importante film muto italiano è anche il primo vero grande kolossal della storia del cinema, una pellicola influente che ha ispirato cineasti come David Wark Griffith (per il suo "Intolerance") e ha di fatto canonizzato le due ore (abbondanti) di durata come lungometraggio cinematografico. A dire il vero, l'anno precedente c'era stato già il "Quo vadis?" di Enrico Guazzoni, al quale "Cabiria" è debitore in molte cose (compreso il personaggio di Maciste, ispirato all'Ursus del romanzo di Sienkiewicz). Ma Pastrone – e la torinese Itala Film, che produsse la pellicola – alzano notevolmente la posta: il film è sontuoso sotto ogni aspetto, dai curatissimi costumi alle sofisticate scenografie teatrali di Luigi Romano Borgnetto e Camillo Innocenti (da ricordare soprattutto l'esterno e l'interno del tempio di Moloch, con l'enorme faccione e la statua che divora i ragazzi da sacrificare: Fritz Lang se ne ricorderà nel suo "Metropolis"; ma anche i palazzi di Asdrubale e Siface, nonché le scene di battaglia e quelle in esterni, girate per esempio sulle Alpi o nel deserto algerino), dagli effetti visivi e fotografici (opera dello spagnolo Segundo de Chomón, che iniziò proprio allora una collaborazione con le case di produzione italiane) all'uso pionieristico del carrello nelle inquadrature (per la prima volta si fa un utilizzo estensivo di movimenti – pur lenti – di macchina in avanti e in indietro, e non solo lateralmente o verticalmente). Tutto questo compensa una trama piuttosto episodica (siamo ancora in una fase di passaggio dal cinema delle attrazioni – la locandina parla di "visione storica" – a quello più prettamente narrativo) e non troppo originale, per la quale Pastrone si ispirò non solo al citato "Quo vadis?" ma anche e soprattutto ai romanzi "Cartagine in fiamme" di Emilio Salgari e "Salammbô" di Gustave Flaubert.
L'enorme successo (anche internazionale: divenne il primo film proiettato alla Casa Bianca!) fu dovuto inoltre all'intuizione di fondere l'intrattenimento "basso" e popolare – come quello cinematografico era ancora percepito – con velleità artistiche di più alto livello: venne infatti coinvolto il poeta Gabriele d'Annunzio (che nei cartelli e nei materiali promozionali è talvolta indicato come il principale autore della pellicola!), che collaborò alla scrittura degli intertitoli, con uno stile estremamente "aulico", e alla scelta dei nomi dei personaggi (compresi Cabiria e Maciste, due nomi che resteranno nella storia del cinema e della cultura italiana). Proprio il forzuto Maciste diventerà un beniamino del pubblico: interpretato da uno scaricatore del porto di Genova, sarà riproposto per tutti gli anni dieci e venti in una serie di pellicole di grande successo e di ambientazione contemporanea, mentre negli anni sessanta, invece, si riavvicinerà alle sue origini con una serie di peplum a tema mitologico. Costata ben un milione di lire dell'epoca (venti volte il costo di un normale film), la versione originale di "Cabiria" durava oltre tre ore, anche se ne circolavano versioni più corte, e poteva contare (pur trattandosi di un film muto) su una colonna sonora per coro e orchestra, composta per l'occasione e da eseguirsi in maniera "sincronizzata" con la proiezione. Commissionata al compositore Ildebrando Pizzetti, fu in realtà realizzata quasi interamente (a parte la "Sinfonia del fuoco" che doveva accompagnare la scena del sacrificio a Moloch) dal suo allievo Manlio Mazza. Oggi "Cabiria" può apparire un film datato sotto molti aspetti (dopotutto, già l'anno seguente "Nascita di una nazione" di Griffith cambiava radicalmente il linguaggio del cinema attraverso il montaggio), ma se lo si guarda nella giusta prospettiva rappresenta ancora un'esperienza estremamente appagante. Curiosità: il museo del cinema di Torino, all'interno della Mole Antonelliana, ospita tuttora numerosi documenti e oggetti di scena della pellicola, compresa la gigantesca statua del dio Moloch usata nella scena del sacrificio.
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