Au hasard Balthazar (R. Bresson, 1966)
Au hasard Balthazar (id.)
di Robert Bresson – Francia/Svezia 1966
con Anne Wiazemsky, François Lafarge
***1/2
Visto su YouTube, in originale con sottotitoli inglesi.
L'asinello Balthazar, nel corso della sua vita (il film lo segue dalla nascita alla morte) passa di mano in mano, da un padrone all'altro, da chi lo accudisce con cura a chi lo maltratta o lo sfrutta per duri lavori; e nel frattempo è testimone silenzioso e osservatore delle vicende umane, delle peripezie e delle crudeltà che si dipanano intorno a lui. Ispirato (pare) da un passaggio ne "L'idiota" di Dostoevskij, e ambientato nella campagna sui Pirenei francesi, uno dei capolavori di Bresson, sicuramente uno degli esempi migliori del suo cinema puro, minimalista, trasparente ed essenziale, anche se la forma corale e circolare (spesso Balthazar torna a incrociare gli stessi personaggi) può ricordare certe cose di Max Ophüls ("La ronde", "I gioielli di Madame de..."). I protagonisti dei film del regista francese sono spesso silenziosi (si pensi a Mouchette o al Fontaine de "Un condannato a morte è fuggito"), ma mai come in questo caso il mutismo si applica così alla lettera, visto che l'asino, a parte qualche raglio occasionale, si limita a osservare con i suoi occhi profondi le tragedie che si dipanano attorno a lui, quasi cercando di indagare la natura umana, e passando dai giochi con i piccoli Marie e Jacques (lei figlia del fattore che ha in gestione le terre del padre di lui), al duro lavoro nei campi, al servizio come cavalcatura per turisti sulle montagne, alle esibizioni in un circo, al girare la ruota di un mulino, al trasporto di merce di contrabbando. Un'intera vita, quella dell'animale, che ne racchiude mille: quella di Marie (Anne Wiazemsky) che, cresciuta, rifiuta la proposta di matrimonio di Jacques (Walter Green) per mettersi invece con Gérard (François Lafarge), giovane delinquente locale; quella di Arnold (Jean-Claude Guilbert), l'ubriacone del villaggio, che passa da momenti di grande fortuna a inaspettate tragedie; quella del vecchio mugnaio (Pierre Klossowski), cinico e avaro; o del padre di Marie (Philippe Asselin), orgoglioso e ostinato. Il tutto sullo sfondo di una campagna e di una provincia arcaica e arretrata, dove i pochi aspetti di modernità sono collegati alla ribellione adolescenziale dei giovani delinquenti (Gérard e i suoi amici, che indossano giubbotti di pelle e vanno in giro in moto), mentre proprio l'asino è percepito come qualcosa di antiquato e socialmente dequalificante. Ognuno degli episodi in cui si può dividere la storia è associato a uno dei sette peccati capitali (orgoglio, avidità, ira, invidia, lussuria, gola e accidia): Bresson dichiarerà in seguito che Balthazar simboleggia la fede cristiana (in una delle scene iniziali, viene "battezzato" dai due bambini; e più avanti la madre di Marie lo definisce "un santo"), che accetta con passività ogni maltrattamento e martirio, e nel finale muore da solo ma finalmente libero, su una montagna, circondato da un gregge di pecore. Come colonna sonora, per l'intera vicenda, c'è la sonata n. 20 per pianoforte di Schubert.
2 commenti:
L'asino è uno degli animali che mi commuovono di più e che amo profondamente, da quando ho letto il bellissimo e poetico libriccino di Jimenez "Platero y Yo" che per mè è diventato una specie di Vangelo in onore di questo umile e paziente amico...
L'asino, grande lavoratore e fedele compagno dell'uomo per tanti secoli, è un animale spesso presente nell'arte, nelle fiabe e nei miti. Di recente anche il regista Jerzy Skolimowski gli ha dedicato un film, "Eo", che non ho visto ma mi dicono essere ispirato proprio ad "Au hasard Balthazar".
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