31 luglio 2022

Mediterraneo (Gabriele Salvatores, 1991)

Mediterraneo
di Gabriele Salvatores – Italia 1991
con Diego Abatantuono, Giuseppe Cederna
***

Rivisto in DVD.

Nel giugno 1941, otto soldati dell'esercito italiano sbarcano su un'isoletta nel mar Egeo per una missione di ricognizione: dovrebbero rimanerci pochi mesi, ma ci resteranno per oltre tre anni, isolati dal mondo (e dalla guerra, che nel frattempo va avanti senza di loro) e sempre più adattati al ritmo lento della vita locale, in armonia con sé stessi e la natura e ben accolti dalla popolazione (soltanto donne, vecchi e bambini, essendo gli uomini stati deportati dai tedeschi). È il terzo film della "trilogia della fuga" di Salvatores, al quale il nome del regista resterà per sempre legato (nonostante in seguito dimostrerà di avere ben altre ambizioni), grazie anche allo straordinario e imprevisto successo di pubblico e di critica. Vinse infatti a sorpresa l'Oscar per il miglior film straniero (non in pochi, quell'anno, pronosticavano il premio per "Lanterne rosse") e contribuì a perpetuare lo stereotipo, o se vogliamo il mito, piuttosto discutibile, degli "Italiani brava gente", che anche in guerra, in fin dei conti, non erano poi così cattivi (soprattutto se paragonati ai tedeschi). Gli otto protagonisti, in effetti, sembrano più un gruppo di amici in villeggiatura ("Questa atmosfera mi ricorda la fine delle vacanze", dice uno di loro nel finale), imbranati e caciaroni, che veri o convinti soldati: abbiamo il tenente Montini (Claudio Bigagli), ex insegnante di ginnasio che trascorrerà il suo tempo sull'isola a dipingere gli affreschi sulle pareti della chiesa locale su richiesta del pope ortodosso (Luigi Montini); il suo attendente Farina (Giuseppe Cederna), timido e sensibile, che si innamorerà della prostituta locale Vassilissa (Vana Barba); il ruspante sergente maggiore Lorusso (Diego Abatantuono), forza vitale del gruppo ma anche il personaggio più comico; il marconista Colasanti (Ugo Conti), che una volta distrutta la radio perde ogni utilità all'interno della squadra; il montanaro Strazzabosco (Gigio Alberti), simbioticamente legato alla sua asina; l'eterno disertore Noventa (Claudio Bisio), che sogna in continuazione di tornare in patria dalla propria moglie; e infine i due fratelli alpini Munaron (Memo Dini e Vasco Mirandola). Irene Grazioli è la pastorella che "intrattiene" i due alpini di vedetta sui monti dell'isola, Alessandro Vivarelli è Aziz, il mercante turco che rifornisce i nostri eroi di oppio.

Gli splendidi scenari naturali (il film è stato girato nell'isola di Castelrosso/Kastellorizo, ovvero Megisti, al largo delle coste della Turchia), l'indovinata colonna sonora (di Giancarlo Bigazzi e Marco Falagiani) ricca di sonorità greco-mediterranee, il tono semplice e nostalgico della narrazione (soggetto e sceneggiatura sono di Enzo Monteleone, che già aveva collaborato a "Marrakech Express" e che qui si ispira al romanzo autobiografico "Sagapò" di Renzo Biasion, ma anche chiaramente a "Gli ammutinati del Bounty") contribuiscono al fascino di un film forse un po' sopravvalutato, è vero, ma che sa rendere bene i due aspetti che più gli stanno a cuore: il desiderio di fuga, appunto (la pellicola si apre con una frase di Henri Laborit, "In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare", e si chiude con "Dedicato a tutti quelli che stanno scappando"), legato a doppio filo alla disillusione politica (se per lungo tempo c'è chi soffre per essere tagliato fuori dal conflitto bellico o dagli eventi che stanno riplasmando l'Europa, "Il mondo sta cambiando e noi siamo qua", nel malinconico finale ambientato ai giorni nostri un Lorusso invecchiato – che in precedenza aveva ostentato con convinzione "Andiamo a costruire un grande paese" – confessa "Non si viveva poi così bene in Italia, non ci hanno lasciato cambiare niente..."), e la ricerca di sé stessi e di una maggiore armonia con la natura, che può essere trovata solo isolandosi dalla frenesia del mondo e riscoprendo (senza distrazioni) la poesia, l'amore, l'amicizia. In più, naturalmente, il mondo greco e in generale mediterraneo, antico e profondo, che affonda le sue radici nella cultura classica, è l'alveo primordiale in cui è facile rifugiarsi per fuggire dagli orrori della guerra, un mondo cui anche noi italiani apparteniamo, anche se tendiamo a dimenticarcene ("Italiani greci una faccia una razza"). Tutto troppo semplice e ingenuo? Forse sì, ma raccontato in maniera gradevole e sincera, con personaggi simpatici (il gruppo di attori è ben collaudato e si ritrova a meraviglia: i migliori sono Abatantuono e Cederna) e scene che a modo loro sono diventate indimenticabili (le partite a pallone sulla spiaggia, il "colloquio di lavoro" di Vassilissa, Farina che si nasconde nel barile delle olive...) e sfumature malinconiche che fanno spesso capolino fra una scena e l'altra come nella migliore tradizione della commedia all'italiana.

3 commenti:

SamSimon ha detto...

Per me è difficile avere un giudizio oggettivo del film, l'ho visto centomila volte da bimbo... Recentemente mi è capitato di vedere la versione USA con 15 minuti sforbiciati e l'ho trovata orribile, e temo sia proprio la versione che vinse l'Oscar...

Christian ha detto...

Anch'io gli sono affezionato... La versione USA non l'ho vista, ma comunque come abbia fatto a vincere l'Oscar rimane un mistero!

SamSimon ha detto...

Fu una sorpresa effettivamente! Immagino che Harvey Weinstein sia la mente dietro i 10 minuti tagliati visto che la distribuzione internazionale fu della Miramax (e il soprannome di Harvey era Scissorhands)...