16 ottobre 2021

Confessioni di una mente pericolosa (G. Clooney, 2002)

Confessioni di una mente pericolosa (Confessions of a dangerous mind)
di George Clooney – USA 2002
con Sam Rockwell, Drew Barrymore
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Visto in TV (Now Tv).

Il film che segna l'esordio alla regia di George Clooney è una biografia (romanzata? vedi sotto) di Chuck Barris (Sam Rockwell), ideatore e conduttore di popolari programmi televisivi americani fra gli anni Sessanta e Settanta, come "Il gioco delle coppie", "Tra moglie e marito" e il celeberrimo "The Gong Show" (un format simile al nostro "La corrida"). Nella sua autobiografia, scritta nel 1984, Barris millantò di aver lavorato in segreto come killer per la CIA durante la guerra fredda, e di aver ucciso numerosi agenti nemici nel corso dei suoi viaggi all'estero: che sia vero o meno (quasi sicuramente non lo è), il film lo prende sul serio, anche se i toni della narrazione sono semi-comici. L'intera vicenda – con lo svilupparsi in parallelo delle due "carriere" di Chuck – è raccontata in flashback dallo stesso Barris, mentre scrive la propria biografia, rinchiuso in una camera d'albergo. Nel ruolo del protagonista Rockwell "steals the show", come si suol dire: attorno a lui si muovono lo stesso Clooney (l'agente della CIA che lo assolda), Rutger Hauer (la spia tedesca), e soprattutto Drew Barrymore e Julia Roberts, le due donne di cui Chuck si innamora nella sua doppia vita (una pubblica, l'altra segreta). Pur di apparire nel film dell'amico George, Barrymore e la Roberts hanno accettato di ridursi il compenso al minimo. Particina anche per Maggie Gyllenhaal (Debbie), e cameo per Brad Pitt e Matt Damon nei panni dei concorrenti sconfitti in una puntata de "Il gioco delle coppie". Nel complesso un film divertente ma ondivago, con una narrazione frammentata e un po' confusa che contrappone una brillante e svagata leggerezza a una certa ambizione artistico-intellettuale (alcuni critici hanno ravvisato nello stile della pellicola un mix di influenze dei registi con cui Clooney, da attore, ha più lavorato, ovvero Steven Soderbergh e i fratelli Coen). Peccato che alla resa dei conti non riesca a creare nulla di veramente memorabile, a parte forse il titolo, e che tanto la satira (o l'analisi) del mondo dello spettacolo quanto il cinismo da black comedy risultino alquanto superficiali. Lo sceneggiatore Charlie Kaufman ha disconosciuto in parte la pellicola, lamentando di non essere stato coinvolto da Clooney nelle fasi di produzione e montaggio.

2 commenti:

Jean Jacques ha detto...

Io invece ne conservo un be ricordo. La frase finale, poi, ancora oggi mi gela il sangue...

Christian ha detto...

Io non ho mai amato troppo il Clooney regista. Sarà che non mi piacciono nemmeno i suoi punti di riferimento, ovvero Soderbergh e i Coen...