15 settembre 2021

11 minuti (Jerzy Skolimowski, 2015)

11 minuti (11 minut)
di Jerzy Skolimowski – Polonia/Irlanda 2015
con Wojciech Mecwaldowski, Paulina Chapko
*1/2

Visto in TV (RaiPlay), in originale con sottotitoli.

Diverse storie, con protagonisti numerosi personaggi, scorrono parallele nell'arco di 11 minuti (dalle 17.00 alle 17.11) in una grande città (il film è stato girato a Varsavia, ma in parte anche a Dublino), prima di convergere tutte in un finale... esplosivo. La principale vede Anna (Paulina Chapko), aspirante attrice, recarsi nella camera d'albergo di Richard (Richard Dormer), ambiguo produttore/regista che vuole approfittarsi di lei, mentre suo marito (Wojciech Mecwaldowski) cerca in ogni modo di fare irruzione nella stanza. Seguiamo anche, fra gli altri, un professore di liceo costretto a riciclarsi come venditore di hot dog (Andrzej Chyra), suo figlio che lavora come corriere (Dawid Ogrodnik), un giovane ladruncolo (Lukasz Sikora), un anziano pittore (Jan Nowicki), una coppia di scalatori (Piotr Głowacki e Agata Buzek), una ragazza punk con il suo cane (Ifi Ude), una dottoressa in ambulanza (Anna Maria Buczek). Il messaggio è che nel casuale brulicare della città, le esistenze di tanti sconosciuti possono collidere o influenzarsi l'un l'altra nei modi più impensati. Un incontro o un rapporto di cause ed effetto è sempre dietro l'angolo, così come elementi in comune possono legare insieme persone che conducono vite separate anche se abitano fianco a fianco. Le varie storie, come le vite delle persone, sfiorano e nascondono temi complessi, negativi (gelosia, disadattamento, droga, pornografia, pedofilia) o positivi (amore, parentele, gentilezza, arte), con alcuni elementi che condividono all'insaputa di tutti (la "macchia scura" nel cielo, che si ritrova nel disegno del pittore o nel "pixel morto" sugli schermi di sorveglianza della polizia, che a loro volta nel finale riuniscono tutte le immagini in un unico, caleidoscopico e confuso ritratto della vita). Peccato che l'insieme convinca poco: anche se la regia, variegata e multiforme, ricorre a varie tecniche di ripresa (si pensi al collage di video che apre la pellicola), sembra più di trovarsi di fronte a un esercizio di stile che a un vero film. E gran parte delle vicende rimangono senza una conclusione soddisfacente, anche se proprio questo era il punto (il caso domina le esistenze, rendendo inutile ogni pianificazione o tentativo di dar loro una svolta).

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