La dolce vita (Federico Fellini, 1960)
La dolce vita
di Federico Fellini – Italia 1960
con Marcello Mastroianni, Anita Ekberg
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Visto in divx.
Pochi film sono entrati nell'immaginario collettivo e nella storia del cinema globale come "La dolce vita", uno dei capolavori di Fellini, il cui titolo stesso (forse una citazione dal Paradiso di Dante) è diventato un'espressione idiomatica usata – anche all'estero – per indicare uno stile di vita mondano e spensierato come quello che caratterizzava via Veneto e la Roma del boom economico, cosmopolita e mediatica, alla fine degli anni cinquanta e agli inizi degli anni sessanta (molti episodi del film sono infatti ispirati ad eventi reali, di costume ma anche di cronaca nera). Per non parlare di termini come "paparazzi" per indicare i fotoreporter scandalistici, invadenti e senza scrupoli, dal nome del fotografo Paparazzo (Walter Santesso), amico del protagonista, modellato sul reporter romano Tazio Secchiaroli, divenuto celebre proprio per aver immortalato alcuni di questi eccessi. Siamo in effetti in un momento di passaggio e di profondi cambiamenti all'interno della società italiana ed europea in generale. Un Mastroianni iconico (con i suoi occhiali scuri) interpreta il suo omonimo Marcello Rubini, giornalista di rotocalchi, dongiovanni e inquieto viveur, sempre a caccia di scandali e di vip nella Roma "bene" del mondo dello spettacolo e dell'aristocrazia, mentre attraversa una crisi esistenziale per via delle sue ambizioni frustrate (il suo sogno era quello di diventare un romanziere) e di un rapporto difficile e insofferente con la compagna Emma (Yvonne Furneaux). La sceneggiatura (scritta da Fellini insieme ai fidi Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, con la collaborazione di Brunello Rondi) ce lo mostra al lavoro in un mosaico di situazioni e di episodi, spesso slegati l'uno dall'altro, di cui è sovente soltanto uno spettatore od osservatore passivo. Di questi, il più (giustamente) celebre è quello che lo vede interagire con Sylvia (Anita Ekberg), prorompente ed esuberante attrice hollywoodiana di origine svedese, che accompagnerà in una gita notturna per le strade di Roma, culminante in quel bagno nella fontana di Trevi che è forse la singola scena più celebre di tutto il nostro cinema (omaggiata poi in decine di altre pellicole, a cominciare da "C'eravamo tanto amati" di Ettore Scola). L'intero episodio sembra cominciare a mettere in crisi le certezze e l'esistenza stessa di Marcello, che di fronte alla semplicità e all'esuberanza della ragazza inizia a dubitare del proprio stile di vita ("Ma sì, ha ragione lei, sto sbagliando tutto!"), così imprigionato in schemi e ruoli borghesi.
In realtà, Marcello non pare far tesoro di questi insegnamenti, dato che l'intera pellicola alterna momenti di consapevolezza (spesso legati a episodi drammatici o nostalgici: l'inspiegabile suicidio dell'amico Steiner (Alain Cuny), la cui vita apparentemente "perfetta" Marcello aveva affermato di invidiare; oppure la serata trascorsa per locali notturni insieme al padre (Annibale Ninchi), giunto inaspettatamente a Roma dal paese, e con il quale comincia a recuperare un rapporto mai sviluppato) ad altri di assoluto svago, incoscienza e rilassatezza (i ricevimenti, come quello nel castello degli aristocratici fuori Roma, o il party/orgia a Fregene per festeggiare l'annullamento del matrimonio dell'amica Nadia (Nadia Grey: anche lei, come Mastroianni, conserva il proprio nome), all'insegna di spogliarelli e volgarità). Tutto il film, a ben vedere, corre lungo il tema del contrasto: c'è contrasto fra la ricchezza e la povertà, fra l'arretratezza e il benessere, fra la dignità e l'edonismo, fra l'ordine e la libertà, fra la vita e la noia, fra il classico e il moderno (si pensi ai balli e alla musica rock – a cantare è un giovane Adriano Celentano! – in mezzo alle rovine di Caracalla), fra il sacro e il profano, fra momenti di silenzio e di contemplazione e altri di caos tra la folla e il circo mediatico, fra scorci di una Roma arcaica o provinciale e quella invece moderna e cosmopolita (l'ambiente in cui bazzica Marcello è pieno di stranieri), fra un centro città fatto di edifici classici e una periferia di cantieri e palazzi in costruzione, fra emozioni contrastanti (ma spesso coesistenti) come la tristezza e l'allegria. I contrasti sono evidenti sin dall'inizio (si passa da un'immagine della statua di Gesù, portata in volo da moderni elicotteri, a danzatori esotici in un locale notturno orientale) e perdurano per tutta la pellicola. E nonostante ci si muova nel mondo moderno del jet set, in molte sequenze si respira un'atmosfera "circense", tipicamente felliniana (si pensi ai clown che si esibiscono al cabaret dove Marcello si reca con il padre), grazie anche alle musiche di Nino Rota. Fra gli altri episodi da ricordare, quello del presunto "miracolo" dei due bambini che affermano di aver visto la Madonna e che richiama una folla di credenti, curiosi e giornalisti (si tratta di una delle due scene – l'altra è quella del castello dei nobili – non presenti nella sceneggiatura originale e improvvisate sul set). Il finale, con il ritrovamento della mostruosa manta sulla spiaggia (forse un riferimento simbolico al caso di Wilma Montesi), si ricongiunge con l'incipit: in entrambe le scene, le parole di Marcello (con le ragazze che prendono il sole sul tetto, con la ragazzina sul lungomare) sono coperte dai rumori ambientali (le pale dell'elicottero, il suono delle onde), rendendo difficile la comunicazione. Siamo già di fronte al tema dell'incomunicabilità, così caro ad Antonioni...
Pur proveniente da un paese di provincia, Marcello è ben introdotto nell'ambiente romano dei Vip e dei divi, conosce tutto e tutti, o meglio tutte: sono le donne che gli ruotano intorno e che incontra, infatti, uno dei fili conduttori della storia. A partire da Maddalena (Anouk Aimée), ricca e infelice, che gioca a corteggiare a più riprese (vanno persino a fare l'amore nella stamberga allagata di una prostituta), salvo vederla sparire proprio quando lei, ubriaca, gli dichiara il proprio amore. Marcello e Maddalena sono complici e simili, perfetto specchio l'uno dell'altra (nonostante le differenze di classe e di risorse economiche). Del tutto diversa è invece Sylvia, donna perfetta venuta dal nulla che irrompe nella sua vita per donargli alcuni momenti magici e andarsene improvvisamente come era venuta. La più prosaica Emma resta invece per lo più a casa annoiata mentre lui è in giro a lavorare, e il suo rapporto con lei è altalenante: si passa da tentativi di suicidio a litigi furiosi, seguiti da immediate riappacificazioni (che dimostrano, se non altro, l'inconcludenza e l'incapacità di decidere della propria vita da parte del protagonista, perennemente in cerca di sé stesso). Nel ricchissimo cast anche Lex Barker (il fidanzato di Sylvia), Magali Noël (la ballerina francese Fanny), Jacques Sernas, Riccardo Garrone e la cantante Nico. La ragazzina sulla spiaggia è Valeria Ciangottini. Il film avrebbe dovuto essere prodotto da Dino De Laurentiis, che si tirò indietro perché la sceneggiatura era "troppo caotica" (e perché Fellini voleva a tutti i costi Mastroianni come protagonista, anziché un attore straniero come Paul Newman): gli subentrarono Angelo Rizzoli e Giuseppe Amato. Altri attori presi in considerazione per ruoli minori furono Maurice Chevalier (per il padre di Marcello) ed Henry Fonda (per Steiner), mentre Luise Rainer avrebbe dovuto interpretare una scrittrice in una sequenza che fu poi eliminata dalla sceneggiatura. La pellicola, che nonostante alcune iniziali polemiche – o forse anche per la pubblicità da esse scaturita – riscuoterà un enorme successo di pubblico (persino inaspettato, vista la struttura insolita e le tre ore di durata), diventando istantaneamente un fenomeno di critica e di costume, si rivelerà nel corso degli anni una delle più influenti del cinema moderno, lanciando definitivamente la carriera di Fellini (è con questa e il successivo "8 1/2" che nasce il termine "felliniano"), e non cessando mai di ispirare altri registi e artisti (basti pensare a "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, che ne è quasi un aggiornamento a cinquant'anni di distanza). Palma d'Oro al Festival di Cannes. Nominata a quattro Oscar, vinse quello per i migliori costumi.
2 commenti:
Bel commento per un film difficilissimo da recensire perchè "abusato", ma da riproporre e rivedere periodicamente, per riflettere e non dimenticare ... Con la sua innata benevolenza, ma assoluta lucidità, Fellini immortala il famoso boom economico con tutte le sue contraddizioni nella cornice della città "eterna", quella più simbolicamente emblematica, tra un passato clericale ed ipocrita che non vuol mai passare e un nuovo che si corrompe non appena la sfiora. L'episodio di Stainer è illuminante proprio per la tragicità che si cela dietro tanta spensieratezza e superficialità...
Tutti conoscono la scena del bagno nella fontana di Trevi, ma chissà quanti hanno visto (o ricordano) il film nella sua interezza. Sì, il suicidio dell'amico Steiner è forse uno dei momenti più significativi (ma poi Marcello non sembra farne tesoro). Ma tutto il ritratto del boom economico (quanti palazzi in costruzione!), del rilassamento edonistico e delle contraddizioni di un paese che in gran parte era ancora rimasto arcaico (vedi le superstizioni come quelle della presunta apparizione della Madonna) lo rendono comunque un film ricchissimo di spunti e di suggestioni.
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