Sleuth – Gli insospettabili (K. Branagh, 2007)
Sleuth – Gli insospettabili (Sleuth)
di Kenneth Branagh – USA 2007
con Michael Caine, Jude Law
**1/2
Visto al cinema Apollo, con Hiromi, in originale con sottotitoli
(rassegna di Venezia)
Milo Tindle, attore disoccupato, si reca nella villa super-tecnologica del ricco scrittore Andrew Wyke, marito della sua amante, per convincerlo a concedere il divorzio alla donna. Lo scrittore gli fa una controproposta, coinvolgendolo in un gioco pericoloso che sfocerà in una serie di colpi di scena. È il remake dell'omonimo e bellissimo film di Joseph L. Mankiewicz del 1972 (in italiano "Gli insospettabili"), tratto da un lavoro teatrale di Anthony Shaffer, adattato stavolta da Harold Pinter. Michael Caine interpreta il ruolo che fu di Laurence Olivier, mentre Jude Law veste i panni che nell'originale erano dello stesso Caine. E come per ogni remake, bello o brutto che sia, si finisce sempre a chiedersi se ne valeva la pena. In questo caso, forse non completamente. Il meccanismo, per uno spettatore moderno ormai abituato a ogni colpo di scena e pronto ad attendersi di tutto, è meno efficace di quanto non fosse negli anni settanta: e se la prima parte è perfetta (con dialoghi pungenti e alcune divertenti battute sul rapporto fra gli italiani e la cultura), la seconda – quella con il poliziotto – funziona un po' meno bene. Per brillantezza e come gioco intellettuale era meglio il film di Mankiewicz, che peraltro durava molto di più (quasi due ore e mezza contro i novanta minuti di questo), mentre la versione di Pinter e Branagh si lascia apprezzare di più per il substrato psicologico e porta alla luce in maniera piuttosto esplicita i sottotesti omosessuali del dramma. La casa di Wyke, fra telecamere a circuito chiuso, telecomandi e allarmi, ricorda un po' quella di "Osterman weekend" di Peckinpah. Bravi gli attori, ma non eccezionali: Caine, in particolare, mi è parso un po' imbolsito.
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