Il demone in pieno giorno (N. Oshima, 1966)
Il demone in pieno giorno (Hakuchu no torima)
di Nagisa Oshima – Giappone 1966
con Kei Sato, Saeda Kawaguchi, Akiko Koyama
**1/2
Visto in DVD, in originale con sottotitoli.
Rispetto ad altri registi della nouvelle vague giapponese (per esempio Imamura), Oshima è certamente più lucido ma a volte rischia di risultare un po' troppo freddo. Questo film, però, mi è sembrato uno dei suoi migliori, meno politicizzato e molto ben studiato come psicologia dei personaggi. La struttura temporale è complessa, e la storia – completamente decostruita e tutt'altro che lineare – è narrata attraverso una lunga serie di flashback, lettere e ricordi: ma tutto ruota attorno alla figura centrale di Eisuke, violentatore e assassino, soprannominato "demone in pieno giorno" perché compie le sue malefatte alla luce del sole. Per Eisuke il delitto è una "necessità incontrollabile", un impulso da soddisfare senza nemmeno chiedersi il perché. La polizia ignora la sua vera identità, di cui invece sono a conoscenza la giovane contadina Shino, che proviene dal suo stesso villaggio, e la moglie Matsuko, un'insegnante che predica la fratellanza e la democrazia ma che è attratta dalla sua malvagità e per questo motivo non lo denuncia. La vicenda si snoda quasi per inerzia, come se il caso o la fatalità governassero il destino dei personaggi, e cerca inutilmente di indagare le cause e l'origine del loro comportamento: Eisuke è diventato un assassino perché è sempre stato un delinquente, oppure a causa degli eventi che hanno coinvolto Shino, Matsuko e Genji (il leader del villaggio, ossessionato dal desiderio di suicidarsi)? Le sequenze ambientate nel passato scavano nella loro vita per mostrare le ambiguità e le pulsioni erotiche, violente e autodistruttive che si nascondono in ognuno di essi, sospesi fra l'attrazione per il male e la relatività del bene. Indimenticabile la frase finale di Shino, sopravvissuta a ben due "doppi suicidi": "Sono di nuovo sola, e ho soltanto vent'anni". Il film appare piuttosto moderno e funziona ottimamente anche considerandolo al di fuori del contesto sociale del Giappone degli anni '60, al quale comunque appartiene chiaramente, per esempio nel descrivere il passaggio dagli ambienti rurali a quelli metropolitani. Mi è rimasto qualche dubbio sulla completezza e la bontà dei sottotitoli italiani.
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