2 gennaio 2021

Koshiben gambare (Mikio Naruse, 1931)

Flunky, work hard! (Koshiben gambare)
di Mikio Naruse – Giappone 1931
con Isamu Yamaguchi, Seiichi Kato
**1/2

Visto su YouTube, in originale con sottotitoli.

Questo cortometraggio muto di una trentina di minuti è il più antico film di Mikio Naruse a essere sopravvissuto (i suoi lavori precedenti sono tutti andati perduti). E per certi versi si discosta dalle pellicole per cui sarà noto in seguito (in particolare dopo la guerra), ovvero drammatici shomingeki sulle tribolazioni delle donne e delle classi più disagiate: qui siamo dalle parti della commedia, anche se non mancano un pizzico di satira sociale e, nel finale, una piega funesta. Il protagonista è uno spiantato agente di assicurazioni, che spera di convincere una ricca signora a stipulare una polizza contro gli infortuni per i suoi cinque figli. Per ingraziarsi la famiglia e superare così la concorrenza di un agente rivale, non esita a umiliarsi, giocando la cavallina con i bambini: e nel far questo, trascura il proprio figlio Susumu, intraprendente monello attaccabrighe che finisce investito da un treno... A parte il finale tragico, i toni ricordano quelli di altre commedie giapponesi dell'epoca incentrate sui bambini e sul rapporto fra genitori e figli, a partire dal capolavoro di Yasujiro Ozu "Sono nato, ma...", anche se le gag comiche sono sempre velate di una certa tristezza di fondo. Ed è proprio con Ozu che Naruse, anche se meno noto di lui in occidente, sarà costantemente paragonato nel prosieguo della sua carriera. Poco dopo questo film, probabilmente realizzato su commissione per conto della Shochiku, si trasferirà alla casa produttrice Toho, dove girerà i suoi lavori sonori e più personali (dal 1935 al 1967). Il suo stile ricorda in effetti quello di Ozu (a partire da sobrietà e minimalismo), mentre i soggetti affrontati sono spesso malinconici e pessimisti come nel cinema di Mizoguchi, con il tema della consapevolezza della transitorietà delle cose (mono no aware) che fa spesso capolino. Già in questo lavoro dei primordi, pur così breve e atipico (e decisamente più spigliato), si possono comunque apprezzare le qualità di una regia attenta ai dettagli, l'ottima direzione degli attori e il montaggio espressionista (ci sono persino alcuni "effetti speciali" nel momento in cui il padre viene a sapere dell'incidente del figlio), con il tutto che concorre al ritratto di un ambiente, il Giappone degli anni trenta, in cui povertà e desiderio di riscatto socio-economico convivevano nelle fasce più umili della popolazione.

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