15 gennaio 2021

Il gladiatore (Ridley Scott, 2000)

Il gladiatore (Gladiator)
di Ridley Scott – USA/GB 2000
con Russell Crowe, Joaquin Phoenix
***1/2

Rivisto in TV.

Nell'anno 180 dopo Cristo, la morte dell'imperatore Marco Aurelio (Richard Harris) e l'ascesa al trono di suo figlio Commodo (Joaquin Phoenix) segnano anche la caduta in disgrazia di Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe), valoroso generale ispanico dell'esercito romano, rimasto fedele agli ideali del vecchio sovrano. Scampato a un tentativo di assassinio, Massimo viene catturato e si ritrova dapprima schiavo e poi addestrato all'arte del combattimento nell'arena. E proprio come gladiatore torna a Roma per battersi nel Colosseo, intenzionato a vendicare la propria famiglia trucidata dai pretoriani del nuovo imperatore. Da uno script di David Franzoni (ispirato a un romanzo di Daniel P. Mannix del 1958), un lungometraggio epico e avventuroso entrato nella memoria collettiva, nonché uno dei maggiori successi al botteghino di Ridley Scott. Con un plot retorico e di grana grossa, colmo di inesattezze storiche ma anche di situazioni e frasi memorabili ("Al mio segnale scatenate l'inferno"), il film ha reso Crowe una star (dopo "L.A. Confidential") e ha riportato in auge il peplum – genere cinematografico che da decenni era scomparso dai radar delle grandi produzioni hollywoodiane – di cui rappresenta forse il punto più alto e al tempo stesso popolare (insieme al "Ben Hur" di William Wyler e allo "Spartacus" di Stanley Kubrick: ma erano appunto altri tempi). Viscerale e spettacolare nella messa in scena, fra la battaglia nei boschi che apre la pellicola (a Vindobona, contro le tribù germaniche), degna di Kurosawa e che ha ispirato Peter Jackson, i violenti scontri fra i gladiatori e una Roma antica ricostruita in computer grafica, il film non perde mai di vista i suoi personaggi, con la vicenda personale di Massimo che si intreccia con gli intrighi politici e dietro le quinte (lo scontro fra l'imperatore e il senato): co-protagonista al pari di Massimo è infatti il "cattivo" Commodo, figura complessa e ambivalente che ne è il perfetto contraltare. Tanto il primo è un eroe di guerra onorato e ammirato da tutti (sia da generale che da gladiatore, quando diventa un vero e proprio idolo delle folle), ma che sogna soltanto di tornare alla propria vita tranquilla da contadino (come Cincinnato), tanto il secondo è codardo, ambizioso, folle e spregiudicato, con un forte complesso di inferiorità e di inadeguatezza.

Pur nella sua folle megalomania – che si esplica negli istinti incestuosi verso la sorella Augusta Lucilla (Connie Nielsen) – e nella sua codarda cattiveria – vedi gli "abbracci" traditori al padre e a Massimo – Phoenix rende Commodo un personaggio in fondo umano e comprensibile, che aspira soltanto ad essere amato e a ricevere quel rispetto che nessuno sembra volergli riconoscere: così si spiega il suo desiderio di offrire al pubblico fastosi giochi al Colosseo, all'insegna del motto "panem et circensem", e così si giustifica l'inverosimile scena finale in cui scende personalmente nell'arena per battersi con il rivale. Pare che in effetti il vero Commodo si dilettasse nella lotta: tuttavia le inaccuratezze storiche, come dicevamo, sono numerose, anche se alcune si sono rese necessarie per esigenze di trama. Molti comunque i riferimenti a figure e personaggi reali: pur immaginario, per esempio, Massimo è un misto fra Marco Nonio Macrino (generale di Marco Aurelio), Cincinnato appunto (che dopo le sue vittorie tornò a vivere nella propria fattoria), Spartaco (che guidò la rivolta dei gladiatori) e Narcisso (che uccise Commodo). Buona anche la resa della grandezza dell'impero romano, di cui – oltre la capitale – si mostrano province agli angoli più remoti, dai confini germanici alle regioni nordafricane, e quasi da brividi gli accenni "ultraterreni" al passaggio di Massimo nei Campi Elisi, nel finale, evocato peraltro dalla prima scena del film (la mano che sfiora le spighe di grano). Nel cast anche Oliver Reed (Proximo, l'ex gladiatore che addestra Massimo), Derek Jacobi (il senatore Gracco), Djimon Hounsou (lo schiavo Juba), Ralf Moeller, David Hemmings e Tommy Flanagan. Fondamentale la musica di Hans Zimmer, che pure ricicla suggestioni precedenti, nobili o meno (da Richard Wagner a Gustav Holst, fino al Vangelis del "1492" dello stesso Scott), anticipando in certi temi sé stesso ("Pirati dei Caraibi"). Il brano più celebre, l'elegiaco "Now we are free", è stato scritto insieme alla cantante Lisa Gerrard dei Dead Can Dance, che lo interpreta vocalmente (in Italia, purtroppo, è ormai associato indelebilmente alla pubblicità del Mulino Bianco). Dodici nomination ai premi Oscar e cinque statuette vinte: quelle per il miglior film, l'attore protagonista, i costumi, il sonoro e gli effetti speciali (ma avrebbe meritato almeno anche quelle per la regia e la colonna sonora).

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