22 ottobre 2019

The elephant man (David Lynch, 1980)

The Elephant Man (id.)
di David Lynch – USA/GB 1980
con John Hurt, Anthony Hopkins
***1/2

Visto in DVD.

La vera storia di John Merrick (Hurt, che recita sotto un pesante make up curato da Christopher Tucker), "l'uomo elefante", così chiamato per via della deformazione congenita di cui soffriva al volto e su gran parte del corpo. Esibito come fenomeno da baraccone nella Londra di fine ottocento, fu notato dal dottor Frederick Treves (Hopkins), medico chirurgo presso il London Hospital, che se ne prese cura e divenne suo amico, salvandolo da violenze e umiliazioni. Il secondo lungometraggio di David Lynch, dopo lo sperimentale "Eraserhead", è quello che lo ha reso noto anche presso il pubblico generalista. Ispirato alle memorie di Treves, si rifà forse nell'impostazione al classico di François Truffaut "Il ragazzo selvaggio", con cui condivide il tema, l'ambientazione ottocentesca e la fotografia in bianco e nero. Merrick (il cui vero nome era Joseph, non John), una volta ripulito e "reintrodotto" in società, dimostra di non essere affatto quel mostro che il suo aspetto lasciava credere: gentile e sensibile, conquista tutti con la sua anima nobile, la passione per l'arte e i suoi modi affabili, e finisce per dare una lezione di umanità a coloro che lo circondano, mostrando di non provare mai odio, rancore o sentimenti negativi, né verso i suoi aguzzini né per la propria condizione. Celebre il suo unico grido di disperazione, verso il finale: "Io... non sono un elefante! Io non sono un animale, sono un essere umano!". In un certo senso il film capovolge le regole dell'horror: qui è il "mostro" ad avere paura delle persone normali, essendo soggetto in continuazione agli sguardi degli altri, che abbiano fini voyeuristici oppure scientifici. A parte alcune sporadiche sequenze surrealiste (l'incipit e la conclusione, in cui si vede la madre di John spaventata da un branco di elefanti), Lynch dirige con stile sorprendentemente sobrio e classico, coadiuvato dalla bella fotografia di Freddie Francis e dalle ottime prove degli attori: nel cast ci sono anche John Gielgud (il direttore dell'ospedale), Anne Bancroft (Madge Kendal, celebre attrice di teatro che si prende a cuore le sorti di John), Wendy Hiller (la capo infermiera), Freddie Jones (l'imbonitore Bytes, che cerca in ogni modo di riprendersi il suo "tesoro") e Michael Elphick (il portiere notturno, che si fa pagare per mostrarlo ai curiosi). Suggestiva anche la colonna sonora di John Morris, integrata dall'Adagio per archi di Samuel Barber. Co-prodotto da Mel Brooks (che non volle essere accreditato, nel timore che il pubblico pensasse che si trattasse di un film comico), il lungometraggio riscosse un grande successo di critica: venne nominato a otto premi Oscar, anche se non se ne aggiudicò nessuno, e fu responsabile diretto dell'introduzione, a partire dall'edizione successiva, della statuetta per il miglior trucco.

2 commenti:

Alessandra ha detto...

Infatti, secondo me è uno dei film di Lynch che più di altri dimostra l'importanza della "prospettiva". Chi è il vero mostro, insomma? Ma soprattutto, è così scontato che debba essere il mostro a fare paura?

Christian ha detto...

Una tematica che ha ispirato molto, fra gli altri, il fumetto "Dylan Dog".