Vizio di forma (Paul T. Anderson, 2014)
Vizio di forma (Inherent vice)
di Paul Thomas Anderson – USA 2014
con Joaquin Phoenix, Josh Brolin
**1/2
Visto al cinema Uci Bicocca.
California, 1970: l'ex fricchettone e ora detective privato italo-americano Larry Sportello, detto "Doc" (Phoenix), indaga sulla misteriosa scomparsa di un importante costruttore edile, amante fra l'altro della sua ex fidanzata Shasta Fay (Katherine Waterston). In un'atmosfera di confusione, paranoia e improvvisazione (sono gli anni della cultura hippie, nella quale Doc è immerso a piene mani), dovrà fronteggiare non solo l'ostilità della polizia, rappresentata dalla sua vecchia conoscenza "Bigfoot" Bjornsen (Brolin), ma anche le ingerenze dell'FBI e gli intrighi di una misteriosa organizzazione, la Golden Fang, che gestisce – fra le altre cose – il traffico di eroina dall'Indocina alla California. Da un romanzo neo noir di Thomas Pynchon, sceneggiato dallo stesso Anderson, un film che fonde una trama contorta e complicata, alla Raymond Chandler, con un'ambientazione accattivante, quella della controcultura degli anni settanta, fra sette e bande di vario tipo (si cita spesso il caso Manson), abuso di droga e di sesso, libertà e profonde trasformazioni sociali in corso. Narrativamente, a tratti si perde il filo: e in effetti a una prima visione molte cose possono sfuggire, anche perché il protagonista stesso è perennemente confuso e annebbiato, come in un trip in cui la realtà e i ricordi del passato tendono a sovrapporsi. Il sottile velo di umorismo, onnipresente e a volte sfociante nel grottesco, può ricordare "Il grande Lebowski" (un film a sua volta dichiaratamente ispirato a Chandler, e anch'esso con un protagonista "fattone"), ma nel finale Anderson conferma di essere ben più ambizioso dei fratelli Coen, e non è detto che in questo caso sia un bene. Gran cast: ci sono anche Owen Wilson, Benicio Del Toro, Reese Witherspoon, Martin Short, Jena Malone ed Eric Roberts. L'intera storia è raccontata agli spettatori dalla voce di una narratrice fuori campo, Sortilège, una delle tante donne di Doc, che nel libro di Pynchon era solo un personaggio minore. Buona la colonna sonora (di Jonny Greenwood dei Radiohead, alla terza collaborazione con Anderson), che comprende anche diversi brani dell'epoca (da "Harvest" di Neil Young a "Sukiyaki" di Kyu Sakamoto). Una cosa che mi ha dato fastidio: nel doppiaggio l'espressione "inherent vice" è resa come "vizio intrinseco", mentre nel titolo è "vizio di forma": uniformità no, eh?
2 commenti:
un film da vedere, ma non bisogna cercare di capire :)
bisogna godere di quello che c'è
Purtroppo io ho da sempre qualche difficoltà con Paul Thomas Anderson, un regista di indubbio talento ma anche eccessivamente ambizioso... Mi sembra che nei suoi film finisca sempre con l'aggiungere qualcosa di troppo. Come se volesse realizzare a tutti i costi dei "capolavori" anziché semplicemente dei buoni film.
Comunque concordo con te: questo film va goduto senza cercare di capire tutto della trama, in un certo senso proprio come i libri di Chandler cui si ispira. Il suo pregio sta nell'atmosfera e nell'ambientazione "psichedelica" degli anni '70. Se fosse stato meno ambizioso, soprattutto nel finale, gli avrei dato un mezzo punto in più.
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