La prigione (Ingmar Bergman, 1949)
La prigione (Fängelse)
di Ingmar Bergman – Svezia 1949
con Birger Malmsten, Doris Svedlund
**1/2
Visto in divx, in originale con sottotitoli.
Il sesto film di Bergman è anche il primo in cui risultano evidenti in maniera significativa le sue idee e le sue tematiche (anche dal punto di vista stilistico, per esempio nell'attenzione ai volti e nella fusione fra realismo e surrealismo). Incastonata fra un prologo e un epilogo (in cui Martin, un giovane regista, riceve sul set la visita del suo vecchio professore di matematica, il quale gli propone l'idea di girare un film sul Diavolo nel quale si rende esplicito che l'inferno è la Terra attuale), la trama principale ha come protagonisti Thomas, giornalista alcolizzato e in crisi con la moglie, e Birgitta Carolina, una giovane ragazza costretta a prostituirsi dal suo compagno. I due si incontreranno e si innamoreranno, convivendo per breve tempo nella soffitta di un pensionato. Ma la loro "evasione" dai tormenti e dalle miserie della vita (vale a dire la "prigione" del titolo) sarà di breve durata: Birgitta Carolina, che ha dovuto subire il trauma di vedersi sottrarre la bambina cui aveva dato la luce, verrà sottoposta a nuovi tormenti da un "cliente" violento e sceglierà di togliersi la vita; mentre Thomas, rimasto solo, proverà a tornare dalla moglie, nel tentativo di iniziare con lei una nuova relazione. Anche se non mancano momenti interessanti (i titoli di testa recitati da una voce fuori campo; la visione di una vecchia comica muta, nella quale compaiono fra gli altri anche il Diavolo e la Morte, da parte di Thomas e Carolina nella soffitta; e soprattutto la sequenza del sogno di Carolina, nella quale vengono esplicitate sia le sue paure ed angosce sia i suoi desideri e i suoi veri sentimenti, con la dichiarazione d'amore a Thomas), nel complesso il film è un po' appesantito dai dialoghi verbosi, da una scansione narrativa poco equilibrata e da un tono esistenzialista decisamente cupo e non ancora raffinato, per non parlare della confusa commistione di stili fra surrealismo (i suddetti sogni), espressionismo (gli ambienti), critica sociale (per lo più antiborghese) e pessimismo cosmico di fondo. Ma la ricerca bergmaniana sugli specchi dell'anima, gli interrogativi dell'esistenza, e il confronto fra i sogni e la realtà, comincia qui a tutti gli effetti.
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