25 marzo 2015

Una nuova amica (François Ozon, 2014)

Una nuova amica (Une nouvelle amie)
di François Ozon – Francia 2014
con Anaïs Demoustier, Romain Duris
***

Visto al cinema Uci Bicocca, con Sabrina.

Alla prematura morte di Laura, di cui era amica del cuore sin da quando erano bambine, Claire (Demoustier) promette che si prenderà cura del marito di lei, David (Duris), e della loro figlia nata da poco, Lucy. Quando scopre che l'uomo ama vestirsi da donna, dopo qualche reticenza accoglierà "Virginia" come la sua "nuova amica". E insieme, i due andranno alla scoperta delle rispettive pulsioni e identità sessuali: la disforia di genere per lui, che prenderà finalmente coscienza del proprio desiderio di essere una donna, e l'omosessualità repressa di lei, che aveva nascosto dietro un matrimonio di facciata l'amore da sempre nutrito per l'amica. Scritto da Ozon a partire dal romanzo "The New Girlfriend" di Ruth Rendell, una pellicola di respiro almodóvariano (si pensi alla scena in cui Claire e Virginia assistono all'esibizione della cantante nel locale notturno, così come a una certa teatralità e ad atmosfere da anni '50, elementi peraltro spesso presenti nei lavori di Ozon) ma lontana dai toni grotteschi del regista spagnolo. È un film che non esita a ricorrere ad alcuni snodi apparentemente forzati e poco originali (vedi il finale) per raccontare con essenzialità e sorprendente leggerezza una storia dove la protagonista, attraverso l'incontro e la frequentazione con Virginia, finisce invece con lo scoprire molte più cose di sé. Il controfinale ambientato sette anni più tardi lascia volutamente qualche dubbio allo spettatore (Claire sta ancora con il marito? È incinta di lui oppure di David? Può essere che Virginia continui a essere per lei solo una "amica", così come può invece essere che Claire abbia ormai accettato la propria omosessualità) ma è necessario per chiudere alcuni punti lasciati in sospeso, rivelandoci fra l'altro come David sia ormai felicemente "integrato" nel suo nuovo ruolo femminile, e che i suoi timori di vedersi privato della figlia nel caso avesse fatto "coming out" fossero del tutto infondati. D'altronde non è un film sull'intolleranza o l'accettazione delle diversità sessuali da parte della società o dei parenti (come potevano essere "Boys don't cry" o "La mia vita in rosa"), bensì sulla scoperta e sulla presa di coscienza della propria identità. In quanto tale, si allontana da Almodóvar (dove queste fasi vengono spesso date come per scontate o già acquisite) e si avvicina di più all'analisi delle ambiguità e delle pulsioni che ha da sempre caratterizzato il cinema del regista francese.

3 commenti:

Marisa ha detto...

Mi sembra che la tua visione appiattisca un pò la ricchezza del film perchè il suo punto di forza sta proprio nel non cadere in identità sessuali definite dai parametri tradizionali. David non desidera diventare una "donna"e non diventa perciò lesbica( sarebbe ricadere in un altro sterotipo). Non rinuncia mai ad essere anche uomo (vedi la scena a letto quando Claire scappa davanti alla conferma della sua virilità ), ma vuole vivere anche la possibilità di non nascondere la sua parte femminile in un gioco complesso e più ricco che il dover identificarsi solo con il "maschio". Così Claire, pur accettando una parte omosessuale sempre presente nell'amicizia con Laura e che finalmente vive con Virginia, non diventa "lesbica" e non rinuncia al rapporto con il maschile e questo diventa fecondamente evidente nella sua gravidanza.
Riguardo al finale, certamente per me Claire ha lasciato il marito, così unilateralmente "maschio" ed ha preferito mettersi con David, apparentemente con reciproca soddisfazione ed anche con vantaggio per la piccola Luci che vede ricostruita una autentica famiglia, meno rigida di quella tradizionale, ma molto più soddisfacente. Infatti dà felicemente la mano a tutti e due e il padre, anche se vestito da donna, rimane David :-)

Christian ha detto...

Sono d'accordo col fatto che Ozon non intenda descrivere identità sessuali definite, in un senso o nell'altro... Però David, nel messaggio che invia a Claire prima dell'incidente, scrive chiaramente "Sono donna"; e per uscire dal coma deve essere vestito e chiamato come tale. Il finale ce lo mostra in abiti femminili in pubblico, persino quando va a prendere la figlia a scuola, e dunque sembra aver ormai sciolto (almeno dal suo punto di vista) ogni ambiguità. Quanto a Claire, Ozon lascia il finale aperto a tutte le interpretazioni: che abbia lasciato il marito (fra l'altro impotente, come era suggerito in una scena) oppure no, che sia incinta di lui oppure di David, che "Virginia" sia solo la sua "amica" (con la quale fare due passi e andare a prendere la figlia di lei a scuola) oppure la convivente (anche se la scena in cui fuggiva dall'albergo sembra suggerire di no)...

Marisa ha detto...

Il bello è proprio il fatto che David recupera la sua parte femminile senza rinunciare ad essere uomo. Lo posso capire pensando a tutto il lavoro di Jung basato sulla bisessualità psichica e la presenza della controparte sessuale in ognuno, anche se lui parlava della parte femminile chiamandola "anima" e non incitando a viverla necessariamente truccandosi e vestendosi da donna...Che David sia più sensibile alla sua componente femminile, tanto da risvegliarsi dal coma soltanto facendo appello ad essa, non significa che rinunci alla sua virilità castrandosi, ma che, dopo la lunga repressione, ormai può accedere liberamente ad essa e si diverte a questo punto a confondere gli altri e metterli in imbarazzo...
Per le donne è più facile accedere alla loro parte maschile e da tempo è possibile mettersi i pantaloni, non truccarsi da Barbie e fare l'ingegnere o il medico senza scandalizzare nessuno...(merito delle lotte femministe)
La scena finale è collocata ben 7 anni dopo, tutto il tempo per far smaltire a Claire lo schok dell'albergo e riconciliarsi, come del resto era avvenuto all'amica Laura, con il doppio ruolo di David ed apprezzarne la virilità sostitendolo al marito...