La sanguinaria (Joseph H. Lewis, 1950)
La sanguinaria (Gun Crazy, aka Deadly is the Female)
di Joseph H. Lewis – USA 1950
con John Dall, Peggy Cummins
***1/2
Visto in divx.
La passione per le armi ossessiona il giovane Bart (Dall) fin da quando era bambino. Provetto tiratore, nonostante la sua indole mite gli impedisca di sparare per uccidere, dopo un'adolescenza passata in riformatorio torna al proprio paese deciso a mettere la testa a posto. Ma si innamora di Annie (Cummins), bionda pistolera protagonista di uno spettacolo itinerante, e fugge con lei. La donna lo spingerà a diventare un rapinatore, e insieme i due assalteranno numerosi negozi e banche, fino a quando ci scapperà il morto. Braccati dalla polizia e dall'FBI, ma incapaci di separarsi l'uno dall'altra, saranno costretti a una fuga disperata che finirà col riportare Bart al proprio paese di origine, dove vivono la sorella e gli amici d'infanzia... Capolavoro del cinema gangster-noir degli anni cinquanta, e ispirato alle vicende di celebri coppie di rapinatori come Bonnie e Clyde, il film è sceneggiato – insieme a MacKinlay Kantor, autore della storia originale – da Dalton Trumbo, all'epoca nella lista nera del maccartismo e dunque costretto a far accreditare il proprio lavoro a Millard Kaufman. Lo script, mai moralista, approfondisce i protagonisti (in particolare quello maschile) mostrandone tutte le contraddizioni e i contrasti interiori (l'indole pacifica, la costrizione alla violenza, il desiderio di fuga) e accentuando l'empatia con lo spettatore. Anche se Annie è ascrivibile a ben diritto alla categoria delle femme fatale, le donne che portano gli uomini alla perdizione, la scelta del titolo italiano (o di quello inglese alternativo, "Deadly is the Female") di spostare l'attenzione tutta su di lei è forse un po' esagerata, visto che il centro del film rimane sempre Bart, o al limite la coppia nel suo insieme. Visivamente la pellicola è spettacolare, grazie alla fotografia di Russell Harlan (più luminosa e solare della media per un noir) e all'ottima regia di Lewis, vigorosa, mai banale e capace di soluzioni spesso in anticipo sui tempi (da ricordare, per esempio, la scena della rapina in banca girata in un unico piano sequenza, con la macchina da presa collocata nel retro dell'automobile di Bart e Annie; pare che durante la scena in questione i due attori furono invitati a improvvisare i dialoghi, e che nessuno – a parte gli attori stessi, naturalmente – sapesse che si trattava di un film: si spiega così la reazione spaventata di alcuni passanti). Fra le sequenze memorabili c'è l'incipit, con il furto della pistola da parte di un Bart quattordicenne e il successivo flashback che mostra il suo terrore dopo la morte del pulcino, illustrando di fatto la perdita dell'innocenza; lo "show" circense di Annie in occasione del primo incontro fra i due innamorati; e la fuga finale sulle montagne, con la resa dei conti finale in mezzo alla nebbia, in un'atmosfera sospesa e irreale, quando i due si giurano amore anche di fronte alla morte imminente. In generale, gran parte del film fu girato in esterni e per le strade, anziché in studio, e questo dona un tocco particolarmente vivo e realistico alle molte sequenze di fuga e di inseguimento in auto (paradossalmente, lo scarso budget a disposizione – che impedì per esempio a Lewis di usare la collaudata tecnica della proiezione su un retroschermo – finì col giovare alla pellicola).
2 commenti:
Sì, cambiare il titolo è un atto gratuito di violenza :-), soprattutto in un film che parla di violenza...
In realtà il vero protagonista è in assoluto Bart con la sua passione per le armi. Lei è soltanto l'occasione che slatentizza e porta alle massime conseguenze questa passione, che, fosse stato in Oriente e con un maestro giusto, poteva diventare invece occasione di una formazione "etica" e rigorosamente finalizzata al dominio di sé stesso e al distacco, attraverso la concentrazione, la precisione, ecc... Vedi "L'arte della guerra" ma soprattutto "Lo Zen e il tiro con l'arco".
Ma in un'America pionieristica, rozza e col culto delle armi come mezzo di conquista personale, non può che andare a finire così.
La donna è soltanto quella che, attraverso l'attrazione sessuale, spinge all'azione l'Anima dell'uomo, per dirla secondo Jung, che può spingere al bene o al male, a seconda del rapporto che l'uomo ha con la vita e con sé stesso.
Non a caso Bart, quando incontra Annie, è senza lavoro e senza alcuna prospettiva o progetto, all'infuori della passione per le armi, e alla fine dichiara che non avrebbe voluto una vita diversa...
Grazie del commento! Il film è molto abile nel rappresentare il "culto delle armi" (in fondo questo era il senso del titolo originale) senza banalmente sfociare in una condanna retorica, ma mostrando i pericoli che ne possono conseguire anche quando il protagonista è un "bravo ragazzo". Che, senza progetti o prospettive, finisce appunto col farsi trascinare inevitabilmente dagli eventi e dalla donna che incontra.
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