11 giugno 2010

Lo zio Boonmee... (A. Weerasethakul, 2010)

Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti
(Loong Boonmee raleuk chat)
di Apichatpong Weerasethakul – Thailandia 2010
con Thanapat Saisaymar, Jenjira Pongpas
*1/2

Visto al cinema Anteo, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).

L'anziano Boonmee, gravemente malato, gestisce una fattoria ai margini della giungla con l'aiuto di immigrati laotiani. Qui riceve la visita della cognata Jen e del nipote Tong, ma soprattutto quelle del fantasma della moglie, morta diciannove anni prima, e del figlio, che era scomparso nella foresta e che ora ritorna trasformato in uno scimmione dagli occhi rosso fuoco. Dopo una lunga scena apparentemente slegata dal resto (ma che, alla luce del fin troppo esplicito titolo del film, potrebbe essere interpretata come un momento di una vita passata) in cui un'antica principessa cerca di ritrovare la gioventù e la bellezza facendosi possedere da uno spirito-pesce, vediamo Boonmee e i suoi cari addentrarsi nella giungla fino a una grotta dove l'uomo si lascerà morire, circondato da presenze ancestrali e primitive. Dopo il funerale, Jen e Tong (diventato ora un monaco) si "sdoppieranno". L'incomprensibile (in tutti i sensi) Palma d'Oro di Cannes 2010 è un film ermetico e animista che alterna sequenze realistiche e concrete con altre fiabesche e oniriche, cercando di costruire un'atmosfera sospesa e magica che però elude costantemente lo spettatore, senza mai dare l'impressione di sviluppare in maniera sensata i temi della morte, della memoria e della trasformazione. Proprio la contaminazione di momenti prosaici e realisti con altri più surreali e inquietanti gioca a sfavore della pellicola, che alla fine non risulta né carne né pesce. Il ritmo è lentissimo (come il modo di parlare e di muoversi dei personaggi), lo stile impescrutabile (cosa c'entrano i fermo immagine con i soldati e l'uomo travestito – questa volta apertamente, si vede anche la lampo! – da gorilla?), i costumi ridicoli (l'uomo-scimmia sembra un incrocio fra un Wookie con i peli neri e il testimonial del Crodino), e regia e fotografia non impressionano in alcun modo. Non sempre l'atmosfera basta a salvare un film o a fornire una chiave di lettura, soprattutto quando allo spettatore è preclusa qualsiasi connessione emotiva con i personaggi e gli eventi.

10 commenti:

Marisa ha detto...

Si legge tutta la tua delusione.
Il cinema sta proprio attraversando un brutto momento!

Christian ha detto...

Posso anche capire che a qualcuno – come al presidente della giuria, Tim Burton – il film possa non essere dispiaciuto (anche se, a giudicare dai commenti in sala, direi che è piaciuto a ben pochi): ma se questo si merita la Palma d'Oro vuol dire proprio che il resto dei lavori in concorso era di infimo livello. Il che conferma una volta di più come il cinema in generale negli ultimi decenni stia attraversando un forte declino, come sottolinei anche tu.

M. ha detto...

Sono d'accordo. Ok ci sono alcune sequenze suggestive, ma sul piano dei contenuti è un film molto scarno, esilissimo. Una Palma d'Oro davvero incomprensibile.

nickoftime ha detto...

Visti in ordine di visione: Uncle Bonmee, Another Year, Ano bisesto e Tamara Dreve: a parte il vincitore della Palma, una specie di sberleffo a chi il cinema lo ama per davvero, con una storia le cui implicazioni potrebbero soddisfare, forse, curiosità antropologiche, queste opere haano evidenziato mancanza di fantasia (nei due film inglesi la storia procede secondo l'alternarsi delle stagioni evidenziate dalle immancabili didascalie), di un urgenza reale (Another year, evidenziando anche un inconsistenza di fondo (Tamara Drewe)che nenache attori di esperienza sono riusciti a mascherare.

Unica sorpresa il piccolo film messicano (Ano bisesto)capace ,almeno lui, di osare qualcosa in termini emotivi ed anche estetici.

Christian ha detto...

Mauro: Anche perché non dà nemmeno l'impressione che ci sia poi qualcosa da capire. Esistono film basati tutti su atmosfere misteriose, magiche, sospese od oniriche e che risultano comunque affascinanti (basti pensare a "Picnic ad Hanging Rock") e altri che mescolano realtà e magia con efficacia ("I racconti della luna pallida d'agosto"), ma non è questo il caso.

Nickoftime: Anch'io finora sono piuttosto deluso da questa rassegna. Su "Uncle Bonmee" e "Another year", come hai visto, la penso come te. "Tamara Drewe" (dal quale, chissà perché, mi aspetto qualcosa) e "Ano bisiesto" li vedrò nei prossimi giorni!

Massimo Volpe ha detto...

Rimango molto stupito dalla tua recensione: Tropical malady era un gran film e il regista a me è sembrato uno di quelli genialoidi anche se non di facilissimo approccio e a volte un po' troppo criptico(in buona compagnia nel cinema thai).
A questo punto son veramente curioso di vederlo, a rischio di prendere una sassata in fronte.

Missile

Christian ha detto...

E ti assicuro che sono andato a vederlo con molta buona disposizione, pronto a farmelo piacere moltissimo, da quel che ne avevo letto.

A dire il vero il regista non l'avevo mai sentito nominare. Conosco poco il cinema thailandese. Ho apprezzato (in parte) cose come "Le lacrime della tigre nera", "Beautiful boxer" e "Ong bak", ma generalmente non mi appassiona come invece quello di altri paesi asiatici.

Fammi sapere quando lo vedrai, ma credo che sia un film che piacerà veramente a pochi (non che questo sia un difetto di per sé, naturalmente!).

Massimo Volpe ha detto...

Il cinema Thai, per quello che ho potuto vedere, è sicuramente il più difficile tra quegli asiatici, almeno quello d'autore, molto (a volte troppo) spirituale ed ermetico, però senz'altro ha offerto lavori di grande qualità.
Non mancherò di vederlo e di scriverci su.

nickoftime ha detto...

dimenticavo un altro "capolavoro" dell'ultima rassegna cannense, quel "Copia Conforme", nel quale il regista si dimentica di tradurre l'idea in una storia e da vita ad una "teoria" di film: sullo stesso piano del film thailandese...Burton poi rimane indecifrabile nella scelta del vincitore: al momento "Alice in Wonderland" è l'unico indizio fornito dal regista.

iosif ha detto...

uhm, questo m'era sfuggito. peccato, perché tropical malady era piaciuto anche a me, ma già con syndromes and a century avevo avuto una visione molto simile a quella che descrivi tu.