21 giugno 2010

A tempo pieno (L. Cantet, 2001)

A tempo pieno (L'emploi du temps)
di Laurent Cantet – Francia 2001
con Aurélien Recoing, Karin Viard
**1/2

Visto in divx, con Marisa.

Licenziato dall'azienda dove lavorava, il consulente finanziario Vincent non ha il coraggio di dirlo alla propria famiglia e per diversi mesi continua a fingere di recarsi ogni giorno in ufficio, girovagando invece in macchina senza meta. Poi fa credere di essere stato assunto a Ginevra presso un'agenzia dell'ONU, e per mantenere il proprio tenore di vita convince amici e parenti ad affidargli il loro denaro per investirlo in lucrose (ma inesistenti) speculazioni in borsa. Ma alla fine il castello di menzogne crollerà inevitabilmente. Ispirato alla storia vera di Jean-Claude Romand (alla base anche de "L'avversario", uscito nel 2002 e assai più fedele alla vicenda originale), il film ritrae una personalità disturbata e in fuga dalla realtà, come suggerisce anche l'ambiguo finale, e guarda ai temi del lavoro e della disoccupazione più da un punto di vista individuale ed esistenziale che politico-sociale. Pur nella sua drammaticità, la situazione di Vincent appare meno estrema di quella di Romand (e del personaggio interpretato da Daniel Auiteil ne "L'avversario"): l'inganno dura da meno tempo, il punto di non ritorno non è stato ancora raggiunto (i parenti, quando scoprono le bugie di Vincent, sarebbero anche disposti a perdonarlo) e il protagonista trova persino un amico (in un trafficante e contrabbandiere di merce contraffatta, interpretato da Serge Livrozet) che potrebbe aiutarlo a rimettersi in carreggiata, ma rifiuta ogni possibile via d'uscita. Se Cantet è abile a riflettere con stile sobrio e asciutto sul tema del rapporto fra l'uomo e il lavoro (o meglio, il "tempo" dedicato al lavoro e sottratto dunque alla famiglia e a sé stessi), il film appare però meno incisivo di quello con Auteuil e si conclude in modo non del tutto convincente.

2 commenti:

Marisa ha detto...

Sì, Vincent è un dilettante rispetto al film più graffiante e purtroppo più fedele alla realtà del personaggio dell'"Avversario".
La nota di pregio (guardando il film senza ulteriori confronti e prendedolo per se' stesso) sta, a mio avviso, nel confronto tra padri e figli. Vincent è fragile ed inadeguato sia nei confronti del padre, ancora efficiente ed esperto, sia nei confronti del figlio adolescente, già con le idee chiare ed attento a non idealizzare il padre con cui si confronta ormai "alla pari". E' questa impossibilità di reggere un ruolo adulto di rappresentante di valori di fronte al figlio che fa precipitare la situazione.

Christian ha detto...

Interessante questo spunto del confronto fra padri e figli (da notare che ne "L'avversario" i genitori del protagonista erano invece poveri contadini che si facevano abbindolare molto più facilmente dalle sue menzogne). I problemi di Vincent sembrano proprio nascere dall'incapacità di affrontare il rapporto con gli altri, anche se poi in certi casi dimostra anche una certa sensibilità (per esempio, si fa scrupoli a "ingannare" anche la coppia di amici meno abbienti).