15 giugno 2010

Le quattro volte (M. Frammartino, 2010)

Le quattro volte
di Michelangelo Frammartino – Italia 2010
con Giuseppe Fuda, Bruno Timpano
***

Visto al cinema Anteo (rassegna di Cannes).

L'esistenza arcaica e senza tempo in un paesino nell'interno della Calabria (la pellicola è stata girata a Caulonia e dintorni), scandita dal ritmo della natura, dalle attività degli uomini e dalla vita degli animali: al suo secondo film, con una lavorazione durata cinque anni, Frammartino stupisce con un documentario assolutamente sui generis, dal fascino antropologico e naturalista, che dopo un primo impatto un po' faticoso svela pian piano tutta la propria magia, conquistando lo spettatore e accompagnandolo in un mondo fatto di immagini e di suoni (il silenzio del villaggio, la tosse del pastore, il belato delle capre, il vento che soffia fra gli alberi), di situazioni divertenti e surreali (il cane – che a Cannes ha vinto un premio speciale per la sua interpretazione! – che provoca un piccolo incidente, immortalato sullo schermo in un meraviglioso piano sequenza; i giochi delle caprette), di tradizioni affascinanti e arcaiche (la polvere raccolta in chiesa che viene usata come medicina; il lavoro dei "carbonai" di Serra San Bruno). Accanto agli uomini, i veri protagonisti sono gli animali (anche formiche e lumache!), gli alberi, il vento, persino le pietre e il carbone. Come in un continuo passaggio di testimone (c'è addirittura chi ha parlato di reincarnazione), la macchina da presa segue diversi soggetti che si danno periodicamente il cambio: un pastore anziano e malato che conduce i suoi animali al pascolo; una capretta appena nata che si smarrisce durante la sua prima escursione all'aperto; un maestoso abete, lo stesso che aveva offerto protezione alla capretta, che viene abbattuto per usarne il tronco durante la festa del paese; e infine i carbonai che ne trasformano la legna in preziosa materia prima per i camini del paese attraverso un lungo ed elaborato procedimento. Quattro stagioni, quattro soggetti, quattro regni (umano, animale, vegetale e minerale), intimamente legati fra loro, con lo schermo che occasionalmente si tinge di nero a segnalare la fine di un ciclo e l'inizio di uno nuovo. Se lo sguardo attento, asciutto e minimalista di Frammartino può far pensare ai grandi documentaristi del passato (ma anche a Bresson), la surreale quotidianità che il film mette in mostra ricorda, soggetto a parte, quella dei lavori di Jacques Tati, con i quali ha anche in comune l'inintelligibilità (o meglio l'irrilevanza) dei dialoghi umani, l'acuta osservazione del comportamento di uomini e animali e almeno una scena (quella del palo della cuccagna) che sembra provenire da "Giorno di festa".

5 commenti:

Eraserhead ha detto...

Non l'ho visto, ma da quel che leggo mi sembra un film poco italiano e più... chessò, orientale. Sbaglio?

Christian ha detto...

Ha uno stile tutto suo, lontano dagli stilemi convenzionali del cinema italiano, è vero, ma comunque è anche molto europeo: oltre che ad alcuni autori francesi (i citati Bresson e Tati), mi ha fatto pensare anche all'est europeo e persino a Tarkovskij. Comunque resta un film assai personale, un unicum nel panorama cinematografico attuale.

Marisa ha detto...

Un film che mi ha riconciliato con la "comunicazione"! Meno parliamo e meno corriamo il rischio di mentire e fraintenderci, come avevano ben capito gli indiani d'America accusando i bianchi di parlare con "lingua biforcuta"...
Frammartino ci ricorda che le cose fondamentali della vita infatti rimangono ancora esprimibili a un livello non verbale o meglio pre-verbale perchè Essa è iniziata prima e continuerà dopo: una grande lezione per il nostro mondo logorroico ed "imbonitore".

Il 4 per Jung rappresenta la Totalità: i 4 elementi (terra, acqua, fuoco, aria) come riferimento naturalistico, i 4 punti cardinali come riferimento spaziale, le 4 stagioni come riferimento temporale, le 4 funzioni psichiche ( pensiero, sentimento, intuizione, sensazione) come riferimento psicologico, i 4 Evangelisti come riferimento spirituale...
I 4 livelli di vita a cui allude il film sono un ulteriore arricchimento della pienezza del 4.

Per me inoltre questo film ha riattivato memorie lontane ( il braciere di rame, la raccolta delle lumache dopo la pioggia d'estate, il passaggio di greggi di pecore sulle strade sterrate, le processioni...), ed anche questi ricordi, affidati solo alle immagini, portano una riconciliazione.

Ti faccio notare una piccola imprecisione. Il posto dei carbonai è Serra S. Bruno, non S. Giorgio. Non che sia importante, ma magari qualcuno viene da quei posti e ci tiene...

Christian ha detto...

Hai ragione, spesso ci dimentichiamo che la comunicazione è possibile anche senza parole. Eppure il cinema muto lo aveva dimostrato benissimo, cento anni fa. In ogni caso, anche se privo di dialoghi in questo film il sonoro è comunque importante (la tosse, i belati, il vento, i colpi).

Quanto al quattro, era un numero fondamentale anche per Pitagora e i pitagorici, che addirittura lo consideravano sacro e facevano il loro "giuramento" proprio sulla tetraktys, i primi quattro numeri, che sommati (1+2+3+4) fanno 10, a sua volta riducibile a 1+0 = l'unità.

Serra San Bruno: ora ho corretto, grazie.

Marisa ha detto...

Il bello è che questo non è un film muto e perciò il silenzio assume il significato di essenzialità, che è l'unica condizione che prepara alla parola come "verbo", cioè ricca di significato e non banale espediente riempitivo perchè non si sa più reggere il silenzio.
Come hai sottolineato il sonoro è qui realmente importante come naturale accompagnamento della vita e conserva il suo primordiale significato di "messaggio". Messaggio di malattia (la tosse), gioia di vivere (i giochi delle caprette, la festa del paese), richiamo e richiesta d'aiuto (l'insistente belato della capretta smarrita), oltre al grande respiro della natura attraverso il vento...