Elvira Madigan (Bo Widerberg, 1967)
Elvira Madigan (id.)
di Bo Widerberg – Svezia 1967
con Pia Degermark, Thommy Berggren
**1/2
Visto in divx.
Nonostante la bella fotografia ovattata e sospesa, quasi impressionista, e lo stile estetizzante ed etereo, il film è completamente calato nella realtà: è infatti ispirato a un fatto di cronaca (relativamente celebre) avvenuto in Danimarca alla fine del diciannovesimo secolo, come spiega il cartello introduttivo che ne svela anche il tragico finale. Ne sono protagonisti due innamorati in fuga, il tenente Sixten Sparre dell'esercito svedese ed Hedvig Jensen, una giovane equilibrista che si esibiva con il nome d'arte Elvira Madigan. L'uno fugge dall'esercito (e dalla famiglia che ha già: una moglie e due figli), l'altra dal circo: entrambi, in maniera forse idealizzata, sono inizialmente convinti di poter sopravvivere solo grazie all'amore. Man mano che vengono riconosciuti, i due sono costretti però a spostarsi di luogo in luogo per la campagna danese; e quando le ristrettezze economiche e la fame li metteranno con le spalle al muro, preferiranno un doppio suicidio nel bosco piuttosto che dichiararsi sconfitti e tornare indietro (la pellicola si conclude con un fermo immagine sul colpo di pistola finale). Nella prima parte del film sembra trionfare la spensieratezza, al limite dello stucchevole: ozio e giochi idilliaci, frasi sull'amore e sulla vita, picnic sull'erba e passeggiate fra gli alberi. Più si procede nella narrazione, però, irrompono i sensi di colpa, le difficoltà, le esigenze pratiche, il bisogno di procurarsi denaro o un lavoro (che lui non può permettersi in quanto disertore), la necessità di cibarsi con quello che offre la natura (lamponi, bacche, funghi), e infine l'inevitabile decisione di rinunciare alla vita piuttosto che perdere la libertà e un'identità così faticosamente conquistata. Da sottolinare alcune scene curiose nella seconda parte: a un certo punto lei decide di vendere il ritratto fattole da "un certo Toulouse-Lautrec" in un caffé a Parigi (che il commesso giudica "un disegno di poco valore"). Non mancano sequenze più abusate, come quella dell'indovina che deve predire il futuro e che, quando le carte che escono sono tutte negative, dice: "No, deve esserci uno sbaglio"; ma i momenti che rimangono impressi sono altri, come quello in cui i due amanti mangiano i lamponi con la panna, o la farfalla liberata nel finale. Il film contribuì a rendere popolare l'Andante del bellissimo Concerto n. 21 per piano e orchestra di Mozart, che si sente ripetutamente durante la pellicola (insieme a brani di Vivaldi) e che oggi è noto proprio come "il tema di Elvira Madigan". La Degermark vinse il premio come miglior attrice al Festival di Cannes, ma poi non ebbe una carriera cinematografica fortunata.
2 commenti:
Grande ad aver recuperato questo sublime esercizio di kitsch in stile bagnoschiuma vidal ;)
Uno dei miei film del cuore (e della pelle, per i detergenti motivi di cui sopra).
Un caro saluto e grazie per aver riesumato Elvira Madigan!
ale
Sì, ci sono dei momenti che sembrano davvero uscire da uno spot televisivo odierno! I picnic sul prato, la corda tesa fra gli alberi, le dita infilate nel barattolo di panna...
Comunque è bello andare a riscoprire film come questi, che all'epoca furono dei piccoli "casi" e che invece poi sono stati dimenticati.
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