Bastardi senza gloria (Q. Tarantino, 2009)
Bastardi senza gloria (Inglourious basterds)
di Quentin Tarantino – USA/Germania 2009
con Brad Pitt, Mélanie Laurent
**1/2
Visto al cinema Colosseo, con Marisa.
Nella Francia occupata dai nazisti, durante la seconda guerra mondiale, un manipolo di soldati americani che si fanno chiamare "i bastardi" agisce clandestinamente con azioni di guerriglia, massacrando più soldati tedeschi possibile e spargendo il terrore fra le linee nemiche. Sono guidati dal tenente Aldo Raine (Pitt), detto "l'Apache" per la sua caratteristica di togliere lo scalpo alle sue vittime e l'abitudine di incidere una svastica sulla fronte di coloro che lascia in vita, per non correre il richio che – una volta finita la guerra – possano togliersi l'uniforme e dimenticare di essere stati nazisti. Quando vengono a sapere che l'intero stato maggiore del Reich, compreso Hitler, sarà presente a Parigi alla première di un film di propaganda voluto da Goebbels, i "bastardi" progettano di far saltare in aria il cinema con l'aiuto di un ufficiale inglese e di un'attrice tedesca infiltrata. Ma non sanno che anche la proprietaria del cinema, una ragazza ebrea sfuggita qualche anno prima al massacro della sua famiglia, ha in mente di dar fuoco alla sala...
Dopo il deludente "A prova di morte", Tarantino torna a fare ciò che gli riesce meglio: un pastiche fumettoso, esagerato e sopra le righe, ricolmo di personaggi psicopatici e non certo per tutti i gusti, che alterna momenti e situazioni esaltanti a clamorose cadute di stile, ma purtroppo anche senza i dialoghi brillanti di un tempo e con alcune caratterizzazioni discutibili o semplicemente superficiali (a cominciare dai "bastardi": forse in futuro una versione director's cut dedicherà maggior spazio ai singoli membri del gruppo?). L'intera vicenda è avvolta da un manto di irrealtà, che parte dall'incipit fiabesco ("C'era una volta...", titolo che fa il verso ad alcune delle pellicole più idolatrate dal regista, da Sergio Leone a Tsui Hark) e giunge all'inaspettata conclusione in cui – paradossalmente e catarticamente – l'attentato contro Hitler ha successo e il Führer viene ucciso nel cinema, ponendo fine in anticipo alla guerra. Messa dunque da parte la verosimiglianza storica e ogni parvenza di analisi sociale (i tedeschi, agli occhi dei protagonisti, sono tutti cattivi per definizione, dal primo gerarca all'ultimo soldato semplice), il film si snoda attraverso una serie di vicende – divise in capitoli – che scorrono in parallelo, governate più dal caso che da necessità narrative: fra crudeltà ed efferatezze, tutti uccidono tutti e tutti possono morire, spesso in maniera gratuita e aleatoria (perché viene uccisa l'attrice, per esempio?), sorprendendo lo spettatore in ogni momento con svolte inattese e colpi di scena imprevisti. Non nego di aver provato anche un senso di fastidio per la generalizzata mancanza di umanità, questo insistere sulla vendetta e sulle atrocità, l'impossibilità di stabilire un legame empatico con quelli che dovrebbero essere i "buoni" e che invece sono più crudeli e spietati dei "cattivi" (al punto che, paradossalmente, gli unici a mostrare qualche sentimento positivo e non violento si ritrovano proprio fra i nazisti: dal soldato che vorrebbe riabbracciare la madre a quello che festeggia la nascita del primogenito, oltre ovviamente al giovane attore che si innamora della proprietaria del cinema: desideri che, nel mondo di Tarantino, non hanno la minima speranza di essere ricambiati o esauditi). Fra le scene migliori, sicuramente vanno citate quelle "attorno ai tavoli", costruite per creare tensione: la sequenza iniziale in cui il colonnello Landa irrompe nella casa del contadino francese che nasconde una famiglia di ebrei e quella ambientata nella locanda dove alcuni soldati tedeschi stanno giocando a indovinare i nomi dei personaggi che hanno scritti sulla fronte.
Il titolo originale del film è una versione storpiata di quello americano di "Quel maledetto treno blindato", b-movie bellico di Enzo G. Castellari che ha fornito giusto l'ispirazione e qualche spunto (non siamo certo di fronte a un remake). L'intero lungometraggio, comunque, è un omaggio al cinema di genere italiano degli anni '70, e anche nella colonna sonora non mancano riferimenti a quelle pellicole, con una forte presenza di temi in particolare di Ennio Morricone. La scena d'apertura sembra uscire pari pari da un western (con il capofamiglia che dice alle donne di chiudersi in casa: stanno arrivando gli indiani!). Fra gli interpreti svetta Christoph Waltz (premiato come miglior attore a Cannes) nei panni del colonnello Hans Landa, il personaggio più riuscito del film, ostinato "cacciatore di ebrei" e investigatore abile e poliglotta: il che ci porta al problema del doppiaggio. Nel film si parlano numerose lingue, e la versione italiana ha scelto di doppiare l'inglese (e in parte il francese), lasciando il tedesco (e in parte il francese) in originale con sottotitoli. Ma riesce lo stesso a far danni: innanzitutto per il fastidioso effetto di sentire i personaggi cambiare voce quando passano da un idioma all'altro, e poi rovinando completamente la buffa scena in cui Pitt e compari si fanno passare per siciliani e tentano maldestramente di spiccicare qualche parola in dialetto di fronte al colonnello Landa che, invece, parla benissimo l'italiano...
Notevoli e numerose – come sempre – le citazioni cinematografiche, anche queste spesso gratuite: ma stavolta abbondano anche quelle metacinematografiche. A parte la scelta di ambientare il momento clou in un cinema e di dare ampio spazio all'apparato propagandistico di Goebbels, vengono nominati diffusamente G.W. Pabst e Leni Riefenstahl, si accenna a Henri-Georges Clouzot (il cui "Il corvo" era in programmazione in quegli anni proprio nella Francia occupata) e compare persino Emil Jannings. Senza contare gli innumerevoli riferimenti ad altre pellicole, diretti (da "Il monello" a "King Kong", da "La regina Cristina" al "Sergente York") o indiretti (da "Fight Club", quando Brad Pitt spiega che non ama combattere in uno scantinato, a "Sentieri selvaggi", citato da Tarantino nella scena in cui Shosanna fugge dalla casa dove si nascondeva). Infine, alcune curiosità: Michael Fassbender è il tenente inglese Hicox, appassionato di cinema tedesco. Un ruolo era stato previsto (e le scene già girate) anche per Maggie Cheung, ma nel montaggio finale le sequenze con l'attrice cinese sono state eliminate per motivi di lunghezza: che peccato! Il film si conclude poi con le parole "Credo proprio che questo sarà il mio capolavoro": è il tenente Raine a parlare, o – immodestamente – lo stesso Tarantino? Se fosse così, mi dispiace Quentin, ma hai torto: "Pulp Fiction", "Le iene" e "Kill Bill" restano superiori (e di molto).
16 commenti:
Concordo su molte cose. secondo me è un Tarantino "minore", niente a che vedere con Jackie Brown che forse è il mio preferito.
Sì. Non so "minore" fino a che punto, perché comunque mi sembra che sia molto rappresentativo dello stile del Tarantino attuale, cioè più impegnato a metterci dentro di tutto, in stile "Kill Bill", che a dare un'impronta più circoscritta alla pellicola, come ne "Le iene" o "Jackie Brown". A proposito di quest'ultimo, devo confessare di non averlo amato alla sua uscita. Da allora non l'ho più visto seriamente, prima o poi proverò a riguardarlo. Il mio preferito resta "Pulp fiction".
A me è piaciuto parecchio devo dire. Non è il mio preferito sicuramente ma è un gran bel film. Aggiungo una citazione: i tre nomi con i quali si presentano da siciliani nel teatro, Eli Roth dice di chiamarsi Antonio Margheriti: regista italiano di numerosissimi B-movies. Gli altri due?
Ma sì, non è certo brutto. Però non concordo con chi (persino Mereghetti) grida al capolavoro. Rispetto a "Death proof", comunque, è un passo avanti. ^^
RIguardo ai nomi italiani, Brad Pitt si presenta come Enzo Gorlomi (Gorlami? Garlomi?), probabilmente una storpiatura di Enzo Girolami, che è il vero nome di Enzo G. Castellari, il regista del primo "Inglorious bastards". Anche Roth storpia il nome di Margheriti (si presenta come Antonio Margariti), mentre il terzo si fa chiamare Dominic DeCoco (o De Cocco?), che non so chi sia...
al momento non ti leggo, perché il film non l'ho ancora visto. però noto che ti distacchi da un nutrito gruppo che ha trovato dell'ottimo in questo film.
non so perché, ma ho paura che mi troverò d'accordo con te. a poi.
Fammi sapere! ^^
Comunque ripeto, a scanso di equivoci: è un film interessante, e le sequenze belle non mancano. Nell'insieme, però, non riesco proprio a considerarlo un capolavoro.
Bellissimo film Tarantiniano. Di conseguenza non proprio d'accordissimo con tutto ciò che dici, però, in linea di massima ci siamo incontrati. Due cose che hai detto le ho pensate anch'io: la prima è la citazione da "Fight club", la seconda è il finale con quelle parole pronunciate da Brad Pitt. Non sarà mica Tarantino che si compiace (compiace è dire poco) del suo film??
Certo che è Tarantino a parlare (per bocca di Pitt)! Io non ho dubbi... ^^
la tua è una recensione molto precisa e dettagliata. per quanto mi riguarda, il film m'è piaciuto davvero parecchio, più di quanto sperassi. principalmente per una scrittura (di situazioni, dialoghi e monologhi), che ho trovato bella come poche, all'altezza di classiconi, evocati, come quelli di lubitsch.
Paragonarlo addirittura al cinema di Lubitsch mi pare esagerato, visto che secondo me è uno dei film di Tarantino meno riusciti dal punto di vista della sceneggiatura (a parte alcune singole scene eccezionali, si capisce!). Credo che i suoi pregi stiano altrove, nella sua natura di giocattolo che smonta e rimonta la storia a proprio piacimento e nella sua manifestazione di amore sconfinato verso il cinema come oggetto anche fisico. Ma posso capire che ti sia piaciuto così tanto...
Per me la novità maggiore di tarantino sta nel fatto che le citazioni in questo caso non sono solo un momento ludico, ma sono complementari alla storia del film.
Nei suoi precedenti film (ad eccezione di J. Brown) si assisteva a tanti "spezzoni" di film di genere diverso messi insieme, in Bastardi senza gloria invece, i generi sono miscelati per da vita ad "un solo film".
È curioso, a me ha fatto proprio l'impressione opposta: rispetto agli altri suoi film mi è sembrato molto più disordinato e meno omogeneo, un mosaico di tante scene, situazioni, stili differenti senza che emerga una "anima" unitaria come invece accadeva in "Pulp fiction" e persino in "Kill Bill".
Anche le citazioni continuano a sembrarmi per lo più giochetti fini a sé stessi, che Tarantino inserisce solo per divertire e divertirsi ma non essenziali ai fini del film (si potrebbero sostituire con altre analoghe, senza che nulla cambi di una virgola).
Mah! è il bello del confrontarsi.
Fortunatamente non tutti vediamo le coase allo stesso modo. Però affermare che Kill Bill fosse più omogeno dei bastardi mi sembra un pò eccessivo. In KB si passava dal cartone animato alle arti marziali passando dalla polverosa frontiera americana e facendo un salto nel filone erotico-ospedaliero, con tanto di cambio di fotografia, dialoghi e tipo di inquadratura che si rifacevano ognuno ad un genere ben definito. In questo ultimo lavoro invece l'ambientazione, l'atmosfera la fotografia e il colore sono più lineari e il passaggio da una citazione (di un genere) all'altra è sottolineata solo dalle musiche.
Questo è vero, in "Kill Bill" c'era una notevole varietà di stili: però erano tutti al servizio di una sola "anima", facevano gioco di squadra. Se ripenso a quel film, ne ho in mente un'immagine o un'idea ben precisa. Invece in "Bastardi senza gloria" vedo tante anime diverse e faccio fatica a fonderle insieme o a determinare quale sia quella preponderante.
Comunque il fatto che di questo film si discuta così tanto e un po' ovunque, con uno spettro di pareri e opinioni così vasto, significa che si tratta sicuramente di una pellicola importante! ^^
L'ho visto dieci giorni fa eppure non riesco a buttar giù una parola. E' per me un film notevole ma per il momento non riesco a definire soprattutto le due lunghe scene "al tavolo" che secondo me sono molto affascinanti.
Per me, come detto, sono le scene migliori del film! Soprattutto la prima, quella che apre la pellicola.
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