12 ottobre 2008

L'idiota (Akira Kurosawa, 1951)

L'idiota (Hakuchi)
di Akira Kurosawa – Giappone 1951
con Masayuki Mori, Setsuko Hara
**1/2

Rivisto in DVD alla Fogona, con Marisa, in originale con sottotitoli.

Questo adattamento del romanzo di Dostoevskij – di cui sposta l'ambientazione in Hokkaido (non a caso la regione nipponica più settentrionale e vicina alla Russia, annessa al resto del paese soltanto nel diciannovesimo secolo) e nell'immediato dopoguerra – rappresentò un momento particolarmente delicato della lunga storia conflittuale fra Kurosawa e i suoi produttori. L'intenzione del regista era quella di realizzare un film di largo respiro, da distribuire nelle sale in due parti separate. A sua insaputa, invece, la Shochiku tagliò quasi un'ora e mezza delle quattro che costituivano il montaggio originale e ne distrusse i negativi per evitare eventuali ripensamenti. Il film, così, risulta decisamente monco, con cartelli e didascalie che cercano di chiarire gli eventi mancanti. Anche il cast non è del tutto convincente, nonostante i grandi nomi che lo compongono. Masayuki Mori, nei panni di Kameda, il protagonista "positivamente buono", demente ed epilettico, scampato al plotone d'esecuzione come lo stesso Dostoevskij, recita in maniera piuttosto monocorde e sembra quasi uscito da una pellicola muta. La brava Setsuko Hara, la musa di Ozu, qui alla sua seconda collaborazione con Kurosawa, non era forse l'attrice più adatta per una parte come quella della "donna perduta" Taeko Nasu, innamorata di Kameda ma che non ritenendosi degna di lui preferisce sposare il rissoso e passionale Akama. E Toshiro Mifune, che interpreta quest'ultimo (che corrisponde al Rogozhin del romanzo originale) recita come sempre sopra le righe e pare poco in sintonia con gli altri personaggi. Eppure il film ha anche i suoi pregi, dalle suggestive scenografie (magnifica la dimora di Akama, per esempio) all'ambientazione perennemente innevata, dal ritratto di una borghesia ipocrita e dedita alla compravendita di sentimenti e persone, al tragico destino di personaggi folli e autodistruttivi. La cultura russa e quella giapponese sembrano sposarsi perfettamente, e la mano del regista si intravede in molte scene memorabili, come quella iniziale in cui i volti di Mifune e di Mori si specchiano nella vetrina a incorniciare il ritratto della Hara, o la lunga sequenza della festa di compleanno di Taeko.

0 commenti: