18 novembre 2022

Titane (Julia Ducournau, 2021)

Titane (id.)
di Julia Ducournau – Francia/Belgio 2021
con Agathe Rousselle, Vincent Lindon
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Visto in TV (Now Tv).

Dopo aver fatto sesso con un'automobile (una Cadillac, per la precisione!), la taciturna e psicopatica ballerina Alexia (Agathe Rousselle) – che ha una placca di titanio nel cranio, in seguito a un'incidente in macchina quando era piccola – fugge di casa lasciandosi dietro una scia di sangue, e assume l'identità di Adrien, un ragazzo scomparso da dieci anni. Il padre di questi (Vincent Lindon), folle e carismatico comandante di una caserma di pompieri, la accoglie nella propria casa (e nella propria squadra), riconoscendola come suo figlio: o forse sa benissimo che non lo è, ma nel suo delirio la considera tale. Quello che Vincent ignora, però, è che Alexia è incinta di un ibrido uomo/macchina al titanio, appunto. Il secondo lungometraggio (dopo "Raw") di Julia Ducournau, vincitore a sorpresa al festival di Cannes (è la seconda Palma d'Oro assegnata a una regista donna, dopo quella a Jane Campion per "Lezioni di piano" che però aveva vinto ex aequo), è un film bizzarro, sorprendente, estremo, in certe cose disturbante, ma di sicuro originalissimo (anche se debitore, per certi versi, al cinema di David Cronenberg, Shinya Tsukamoto e Takashi Miike). La protagonista psicopatica e serial killer, l'assurdità della contaminazione uomo/macchina (con tanto di... perdite d'olio anziché di sangue o liquido amniotico), le atmosfere trasgressive, stranianti e surreali sono comunque al servizio della psicologia e dei sentimenti dei personaggi, evidenti in particolare nel rapporto "fra padre e figlio" che si instaura fra Vincent e Alexia/Adrien, ciascuno dei quali alla disperata ricerca di una "ricucitura" delle ferite di un passato tragico (solo accennato, ma non difficile da ricostruire). Affascinante e inquietante l'atmosfera, ottima la recitazione, ardita la regia (ben servita dalla colorata fotografia di Ruben Impens): è un film che difficilmente lascia indifferenti, nel bene e nel male, ma che merita di essere premiato per il tentativo di andare oltre i luoghi comuni del cinema preconfezionato. La bella colonna sonora di Jim Williams è condita da alcune canzoni fra cui anche una in italiano, "Nessuno mi può giudicare" di Caterina Caselli.

4 commenti:

Babol ha detto...

Non pensavo di potermi commuovere guardando un film così assurdo, e di arrivare a provare pena per un'assassina ma... è successo. E solo per questa novità mi sento di ringraziare la Ducournau, un faro all'interno di una scena cinematografica sempre più banale.

Christian ha detto...

Sicuramente è una regista che "osa", e che già solo per questo merita di essere seguita con curiosità e interesse. A me finora entrambi i suoi film sono piaciuti parecchio.
E concordo sulla banalità della scena cinematografica attuale. Per fortuna, almeno ai festival, ogni tanto le giurie premiano i film giusti.

Elfoscuro ha detto...

Body Horror mon amour, senza dubbio....visto anche il suo brillante Grave che precede cronologicamente questo film.

Christian ha detto...

Vedere una regista donna alle prese con questi temi (che eravamo abituati ad associare solo a "menti malate" come Cronenberg o Tsukamoto) è... particolarmente illuminante!