21 marzo 2020

L.A. Confidential (Curtis Hanson, 1997)

L.A. Confidential (id.)
di Curtis Hanson – USA 1997
con Guy Pearce, Russell Crowe, Kevin Spacey
***1/2

Rivisto in TV.

Nella Los Angeles dei primi anni cinquanta, dove effimeri sogni di gloria hollywoodiani nascono e muoiono accanto ai traffici della criminalità organizzata, le storie di tre agenti del dipartimento di polizia si intrecciano turbinosamente. Edmund "Ed" Exley (Guy Pearce), figlio di un leggendario detective rimasto ucciso sul lavoro, è idealista, incorruttibile e ligio al dovere, aspira a fare carriera, non ammette alcuno strappo alle regole e non esita a denunciare i colleghi che "sgarrano", conquistandosi le simpatie dei superiori ma anche le antipatie degli altri poliziotti. Wendell "Bud" White (Russell Crowe), impulsivo e picchiatore, ha una particolare avversione (dovuta a trascorsi familiari) contro chi usa violenza contro le donne: il suo temperamento e l'essere disposto a eseguire anche i lavori più sporchi lo porteranno in conflitto diretto con Ed. Infine c'è Jack Vincennes (Kevin Spacey), affamato di gloria, consulente per una serie televisiva poliziesca ("Badge of Honor", modellata su "Dragnet", che glorifica l'efficienza della polizia) e ammanicato con il giornalista scandalistico Sid Hudgens (Danny DeVito), che pubblica sulla propria rivista "Hush-hush" ("Zitti, zitti") notizie relative agli scandali delle celebrità. Le vicende dei tre personaggi, che nonostante le loro differenze perseguono tutti un proprio ideale di giustizia, finiranno con l'intrecciarsi quando le loro indagini su alcuni crimini apparentemente separati (il "massacro del Nite Owl", una sparatoria in una caffetteria; un giro di prostituzione d'alto bordo con ragazze che assomigliano a celebri dive del cinema; la morte di un giovane attore omosessuale in un motel) convergeranno verso lo stesso punto. Dal romanzo neo-noir di James Ellroy, adattato da Brian Helgeland e dallo stesso regista, uno straordinario poliziesco che ha i suoi punti di forza, oltre che nel cast, proprio nella sceneggiatura, capace di tenere le fila di una storia intricata (siamo dalle parti di un moderno Raymond Chandler) e piena di personaggi, che mette lo spettatore su false tracce ma lascia che alla fine tutto torni e che anche i dettagli o le figure più marginali si rivelino fondamentali per il dipanarsi dell'intreccio. Questo perché a guidare il tutto c'è la caratterizzazione dei protagonisti, con le loro personalità contrastanti e la loro psicologia sempre evidente dietro ogni scena d'azione e ogni twist della trama. Sono i personaggi a condurre l'azione, mai il contrario. E nonostante l'alto livello della regia, ma soprattutto della fotografia naturalistica (di Dante Spinotti), delle scenografie (di Jeannine Oppewall) e della ricostruzione d'epoca, non si ha mai l'impressione di assistere a uno sterile esercizio di stile. Da notare che ai tempi Crowe e Pearce erano praticamente sconosciuti, nonostante qualche particina interessante in passato (rispettivamente in "Skinheads" e "Priscilla"): grazie a questo film diventarono volti noti, e negli anni a seguire furono protagonisti di film di grande rilievo (come "Il gladiatore" e "Memento").

La vicenda ruota intorno a un periodo particolare della storia di Los Angeles, quando l'arresto del boss del crimine Mickey Cohen lasciò un vuoto di potere che altri gruppi della malavita organizzata aspiravano a riempire, e sfiora a più riprese celebri scandali ed eventi realmente accaduti, come il famigerato "Natale di sangue" del 1951, quando alcuni agenti di polizia si resero protagonisti di un brutale pestaggio ai danni di alcuni detenuti latino-americani. La stessa rivista "Hush-hush" di Danny DeVito è modellata su un autentico giornale scandalistico di quegli anni, "Confidential". E i temi della corruzione, della sete di celebrità, della giustizia e della criminalità si fondono su più piani. Memorabile, per esempio, "Rollo Tomasi", il nome (fittizio) che Ed ha affibbiato all'uomo che uccise suo padre, simbolo di tutti i criminali che, per un motivo o per l'altro, riescono a "farla franca": proprio questo nome si rivelerà fondamentale per svelare la vera identità del cattivo che tira le fila di tutto l'intreccio. Degno di nota anche il cast di contorno, a cominciare da Kim Basinger (che vinse l'Oscar come miglior attrice non protagonista: il film rivitalizzò la sua carriera) nei panni di Lynn Bracken, la prostituta con le fattezze di Veronica Lake. Di lei si innamorerà Bud, e per lei comincerà a sentirsi stanco della brutalità e della violenza in cui sguazza. Il grande caratterista James Cromwell è il capitano della polizia Dudley Smith, figura "paterna" e di riferimento per gli agenti del dipartimento, che però nasconde lati oscuri ed ambigui. David Strathairn è il milionario Pierce Patchett, l'uomo d'affari che, fra le altre cose, si serve di Lynn e di altre ragazze per ricattare politici e magistrati. Piccoli ruoli, infine, per Ron Rifkin, Graham Beckel, Simon Baker e Paolo Seganti. Brenda Bakke è Lana Turner in una delle scene più comiche della pellicola, quella in cui Ed la scambia per una prostituta che imita appunto la Turner. Da notare che si tratta dell'unica vera celebrità che appare nel film: pur ambientato in prossimità della "fabbrica dei sogni", di loro ne sentiamo soltanto il profumo, o ne intravediamo l'immagine in alcuni spezzoni di pellicole, come "Vacanze romane" (che Bud e Lynn vanno a vedere al cinema) o "Il fuorilegge" (il film con Veronica Lake che Lynn proietta a casa sua). La musica è di Jerry Goldsmith. Nominato a nove premi Oscar (compresi quelli per il miglior film e la regia), "L.A. Confidential" ne vinse due, quelli per la miglior sceneggiatura non originale (che, incredibile a dirsi, semplifica un intreccio che nel romanzo era ancora più denso, e si distacca in molti punti dalla fonte originale: il libro, d'altra parte, era il terzo di una saga dedicata da Ellroy alla città di Los Angeles, dopo "Dalia nera" e "Il grande nulla", che già introducevano alcuni dei personaggi) e per la miglior attrice non protagonista, perché gli altri sette andarono tutti al "Titanic" di Cameron. Tanto che Hanson commentò ironicamente: "Mai fare il tuo miglior film nello stesso anno di Titanic!".

2 commenti:

In The Mood For Cinema ha detto...

Il romanzo l'ho letto due volte, nonostante la mole, perché è proprio un capolavoro. Il film gli rende omaggio in maniera encomiabile, soprattutto grazie alla sceneggiatura come dici giustamente anche tu.

Christian ha detto...

Nel suo genere è sicuramente uno dei miei film preferiti!