24 marzo 2020

Arcana (Giulio Questi, 1972)

Arcana
di Giulio Questi – Italia 1972
con Lucia Bosè, Maurizio Degli Esposti
**1/2

Visto in divx, per ricordare Lucia Bosè.

Nell'appartamento di un grande condominio alla periferia milanese, la signora Tarantino (Lucia Bosè), con la complicità del figlio (Maurizio Degli Esposti), si guadagna da vivere come maga, sensitiva e chiromante, attraverso sedute sia di gruppo (i cui partecipanti vanno "in trance") sia individuali. Forse è soltanto una ciarlatana. O forse ha davvero poteri arcani, come d'altronde li avevano i suoi antenati: di questo almeno è convinto il figlio, che si dedica a strani rituali personali nella propria stanza, mostra a sua volta di avere poteri di precognizione e telecinesi, e rimane ossessionato da Marisa (Tina Aumont), giovane cliente in cerca d'amore che torna ripetutamente a farsi predire il futuro... Il terzo film di Giulio Questi, scritto come sempre insieme al montatore Franco Arcalli, è una pellicola onirica, psichedelica e surreale, che perde via via la concretezza che la caratterizza all'inizio (i caseggiati con i bambini che giocano negli androni e sulle scale; le strade, ricolme di passanti curiosi; le poste e le banche, con la fila dei disabili che devono ritirare la pensione; le metropolitane, con gli operai intenti a scavare nuove gallerie, di una Milano moderna) per accogliere in sé l'ignoto, le tradizioni ancestrali delle comunità rurali e contadine, fenomeni di poltergeist, strani legami fra oggetti di uso comune... La signora Tarantino legge le mani, i tarocchi, i fondi di caffè, inventa quello che i suoi clienti vogliono sentirsi dire. Eppure sia lei che il figlio hanno anche delle premonizioni autentiche: e sogni e visioni, realtà e fantasia finiscono col mescolarsi, verso un finale misterioso e aperto. A condire il tutto non mancano sottotesti edipici e violenti, con alcune sequenze che ricordano Antonioni o Buñuel (le rane che escono dalla bocca della donna) o anticipano addirittura Lynch. Resta il dubbio se il tutto serva solo a stimolare la suggestione dello spettatore o se ci sia un messaggio di fondo, che potrebbe essere quello dell'alienazione dell'uomo contemporaneo, della mancanza di comunicazione diretta e della perdita delle proprie radici (individuali o collettive che siano), al di là della compenetrazione fra diversi piani di realtà. Come nella lettura dei tarocchi, ognuno può trovarci il significato che più si adatta a sé. D'altronde l'enigmatico cartello iniziale mette subito in guardia gli spettatori: "Questo film non è una storia. È un gioco di carte. Perciò non è credibile l'inizio né tanto meno il finale. Giocatori siete voi. Giocate bene e vincerete". La Bosè è bellissima ed elegante, il figlio (senza nome) davvero straniante, sadico e inquietante. Un film originale, bizzarro e particolare, girato con pochi mezzi e che godette di una scarsissima diffusione, tanto da essere considerato un "film maledetto": di fatto il regista, dopo di questo, si ritirò dal mondo del cinema e continuò a lavorare solo in televisione.

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