Il dubbio (Vahid Jalilvand, 2017)
Il dubbio - Un caso di coscienza (Bedoune tarikh, bedoune emza, aka No date, no signature)
di Vahid Jalilvand – Iran 2017
con Amir Aghaee, Navid Mohammadzadeh
***1/2
Visto al cinema Palestrina, con Sabrina e Marisa, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).
Il dottor Nariman (Aghaee), scrupoloso medico legale, urta con l'automobile un motorino, provocando la caduta di un bambino che apparentemente riporta solo qualche escoriazione. La mattina dopo, all'ospedale in cui lavora, scopre però che il bambino, portato lì dalla famiglia, è morto durante la notte. L'autopsia rivela un'intossicazione da botulino, ma il medico non riesce a togliersi l'idea che la vera causa del decesso sia stato proprio l'incidente di cui è responsabile... Complesso dramma sul senso di colpa, con un effetto domino che vede i personaggi lottare con la propria coscienza. Anche il padre del bambino (Mohammadzadeh), infatti, sentendosi responsabile di aver portato a casa della carne avariata, si imbarca in una personale vendetta contro l'uomo che gliel'ha venduta. Il tutto mentre il dottor Nariman chiede l'esumazione della salma per chiarire (almeno a sé stesso), una volta per tutte, cosa è veramente accaduto. Il cinema iraniano ha affrontato spesso i temi della colpa e della responsabilità (fra gli esempi più recenti, mi viene in mente "Melbourne" di Nima Javidi): e qui lo fa con precisione chirurgica, intensità drammatica, fotografia austera e accurata indagine psicologica, trascinando lo spettatore in una tragedia che appare da subito assai complessa e stratificata, venata com'è da dubbi fattuali e da dilemmi morali. E in questa realtà sfuggente e labirintica, con la sua dose di ambiguità, tutte le porte rimangono aperte fino alla fine: i veri giudizi (come la ricerca della verità) sono soprattutto interiori, nell'ambito della propria coscienza. Ottima la regia e gli interpreti.
5 commenti:
Un film da vedere e far vedere! Troppo spesso, per eludere e rimuovere i sensi di colpa si sfugge alle proprie responsabilità. Tutto il film ruota infatti su questo e le complicazioni che ne scaturiscono. Magistrale la diversa e parallela evoluzione nei due uomini coinvolti, il dottore e il padre, e come il secondo non riesca a controllare tutto l'intrico di senso di colpa e rabbia per essere stato "truffato" agendo una vendetta personale immediata (ricorso all'agito) mentre il dottore, pur nelle colpevoli omissioni iniziali, ritrovi il coraggio di guardare fino in fondo le proprie responsabilità.
Direi che i due personaggi, pur condividendo la stessa tragedia e gli stessi sensi di colpa, si comportano in maniera opposta: il padre riconosce la propria colpa ma cerca di rimuovere la responsabilità scaricandola sul venditore di polli, mentre il medico cerca di rimuovere i sensi di colpa assumendosi la responsabilità (anche se non sappiamo se sia davvero sua: il fatto che esegua la seconda autopsia da solo, senza alcun testimone, permette di conservare fino alla fine l'incertezza e l'ambiguità).
Un film complesso, che lascia parecchio da riflettere (una costante di molte pellicole iraniane o comunque del Medio Oriente).
La figura del dottore, che lavora per non sottrarsi alle sue responsabilità, dopo le omissioni iniziali, è molto interessante anche perchè cerca di alleggerire in tutti i modi anche i sensi di colpa del padre, non solo, come hai ben sottolineato, facendo da solo la seconda autopsia, ovviamente a suo svantaggio, ma anche non rivelando che aveva dato dei soldi al padre subito dopo l'incidente e aveva cercato di indurlo a portare subito il bambino in ospedale.
In fondo siamo tutti colpevoli ed abbiamo tutti delle attenuanti...
Giusto il riferimento a Melbourne, io non ci avevo pensato. Secondo me però l'ambiguità del film è programmatica e di comodo. Il cinema iraniano ormai ne abusa.
Di certo è programmatica, nel senso che è quello che il regista voleva mettere in scena, senza dare una chiara risposta allo spettatore. Ma secondo me è un pregio del film, che se si fosse concluso dando una risposta chiara avrebbe perso di valore. Il senso di colpa dei personaggi, in fondo, prescinde dalle reali responsabilità.
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